“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Yemen sempre piu' nel caos nonostante la mediazione e il ritiro dell' Arabia Saudita
I separatisti yemeniti hanno conquistato il palazzo presidenziale e il porto di Aden. Secondo le Nazioni Unite i conflitti a fuoco di questi giorni hanno causato 40 morti e 260 feriti
I separatisti yemeniti dopo aver preso sabato scorso il controllo del palazzo presidenziale e del porto di Aden, importante centro nel sud del paese, hanno accettato la tregua proposta dall' Arabia Saudita e hanno annunciato il ritiro delle proprie forze dalla citta'. L' annuncio arriva dopo cinque giorni di scontri interni che hanno visto contrapposte le milizie separatiste del Consiglio di Transizione del Sud al resto della coalizione a guida saudita. Secondo le Nazioni Unite i conflitti a fuoco di questi giorni hanno causato 40 morti e 260 feriti. Lo Yemen e' stato unificato nel 1990 dopo un lungo e complicato processo, da allora il paese non ha mai vissuto un periodo di pace duraturo, costantemente travagliato da conflitti interni. Nel settembre del 2014 gli Huthi -un gruppo di militanti antigovernativi sciiti che aveva le basi nel nord- con l' aiuto di forze militari fedeli all' ex presidente Saleh, riescono a prendere il controllo di Sanaa e a far fuggire dalla capitale, costringendolo alle dimissioni, il presidente eletto Mansur Hadi. Sei mesi dopo l' alleanza ribelle era arrivata alle porte di Aden, e' allora che l' Arabia Saudita decide di intervenire schierandosi dalla parte del presidente esule e imbastisce una coalizione di sunniti per affrontare gli sciiti Huthi, che Riyad considera come emanazione diretta del rivale regime iraniano (sebbene entrambi, Iran e Huthi, neghino che sia in atto alcuna collaborazione). I sauditi inaugurano una campagna di bombardamenti senza precedenti nella storia del paese, causando gravi emergenze a livello umanitario (comprese una carestia e un' epidemia di colera in corso da tre anni) e innumerevoli perdite tra i civili, non riuscendo peraltro a ottenere risultati significativi sul campo di battaglia e mettendo a rischio la sicurezza al' interno dei confini domestici (l' aeroporto saudita di Abha nel sud del paese e' stato colpito almeno tre volte dai missili degli Huthi negli ultimi due mesi e almeno due attacchi di droni hanno colpito gli impianti per l' estrazione di petrolio lungo l' oleodotto di Yanbu, il cui punto piu' vicino al confine con lo Yemen si trova a pu' di un migliaio di chilometri di distanza). Ad oggi gli Huthi controllano il nord, la capitale e i principali centri urbani, gruppi di estremisti salafiti legati ad al-Qaeda e Isis imperversano nella parte centrale e sulla costa meridionale (anche loro come i sauditi sono in guerra con il governo ribelle di Sanaa), alla coalizione di sunniti resta quello che rimane del paese. Aden, la citta' caduta nelle mani dei separatisti del sud e poi restituita, e' il centro principale della coalizione a guida saudita, capitale provvisoria del governo riconosciuto a livello internazionale. Gli scontri avvenuti nella citta' portuale mettono in evidenza una frattura all' interno del fronte. I separatisti del CTS non amano particolarmente il presidente Hadi, appoggiato dai sauditi, lo considerano (come del resto i loro avversari Huthi) un governante corrotto e incompetente, e hanno idee divergenti sul futuro del paese. Non e' la prima volta che i separatisti agiscono contro la coalizione, gia' nel gennaio del 2018 erano riusciti con la forza a prendere il controllo di Aden e allora come oggi per salvare l' alleanza fu necessario un notevole sforzo diplomatico da parte di Arabia Saudita ed Emirati. In particolare, questi ultimi possono vantare una certa influenza sul CTS poiche' in passato nel sud del paese hanno addestrato e armato piu' di 90.000 combattenti separatisti. Gli Emirati Arabi, che insieme ai sauditi sono il principale sponsor della coalizione sunnita, non hanno rilasciato dichiarazioni riguardo agli eventi di Aden, se non un generico " restiamo uniti contro gli Huthi ", nessuna condanna. Il presidente Hadi, vicino ai sauditi, dalla sua residenza di Riyad accusa Abu Dhabi di aver fatto da regia al colpo di stato e invita a escludere il gruppo ribelle del CTS dalla coalizione. A giugno gli Emirati hanno iniziato il disimpegno delle proprie truppe dal teatro di guerra yemenita, senza pero' dichiarare l' uscita dalla coalizione. Questa scelta potrebbe essere un modo di alleviare le tensioni con l' Iran, aumentate a dismisura negli ultimi tempi, e arriva dopo innumerevoli pressioni degli alleati occidentali a loro volta preoccupati per la situazione critica del paese. Non e' una buona notizia per i sauditi: gli Emirati si tirano fuori dal bagno di sangue e lasciano loro sotto la luce dei riflettori, continuando ad avere voce in capitolo nel futuro del paese grazie all' influenza sui separatisti del sud. Con una coalizione spaccata, privata del suo partner principale, Riyad si ritrova dunque sola in un terreno ostile, sempre piu' dipendente dagli aiuti americani in una guerra in cui la vittoria sembra remota, se non impossibile.
Federico Panunzio