“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Un viaggio nel mondo della disabilità, per capire e vivere consapevolmente
Il subdirettore di A.I. ha accettato l'offerta di un grande uomo Claudio Ferrante in prima linea contro le barriere architettoniche e culturali
Mi sono svegliato alle sette e un quarto. Ieri sera ho avuto un brutto incidente con l'auto. Non muovo più le gambe: adesso non camminerò mai più. E' il 26 giugno 2014. Sono a casa mia, nella zona sud di Pescara. Vivo in una mansarda, al terzo piano di una palazzina senza ascensore. Per fortuna non sono solo perchè ho bisogno di assistenza.
Ieri sera mi hanno portato su, in braccio, gli infermieri direttamente dall'ospedale. Adesso che sono sveglio cerco di realizzare, di essere razionale e di comportarmi come tale. Ma il dubbio m'assale: come sarà la mia vita? Vicino al mio letto c'è lei, la mia carrozzina nera, quella che mi hanno prestato, marca Surace, superleggera, pieghevole: una specie di sedia con le ruote che sostituirà le mie gambe e che mi accompagnerà per il resto della mia vita. La osservo. Non mi è antipatica, per ora.
Alle sette e trenta decido di provarla. Non è scomoda ma ho fatto uno sforzo enorme per passare dalla posizione verticale del letto a stare seduto e saltarci su. Indosso dei pantaloncini ed una t-shirt. Il primo pensiero che ho è che la mia casa non è attrezzata ad ospitare un disabile (come me). Penso ai lavori da fare, ai soldi che ci vogliono e che non ho. Ma se voglio sopravvivere e non trasformare in un incubo la mia esistenza e quella di chi mi ama è bene cominciare a pensare a tutto. Le case dei disabili, di solito, costano il doppio. C'è bisogno di una casa molto grande, c'è bisogno di rifare i bagni e la cucina. Cambiare il letto ed anche i mobili. Non ci vuole un genio per comprenderlo ma adesso è così e devo fare di necessità virtù.
Già dalla colazione - stranamente ho una gran fame - si presentano le prime difficoltà. Non arrivo a prendere la macchinetta del caffè nè a quello che mi serve che è sulla credenza. Per fortuna non sono solo, altrimenti rimarrei digiuno oppure dovrei fare uno sforzo enorme per arrampicarmi con le braccia fino alla credenza col rischio di farmi male. C'è lei che mi aiuta e mi prepara quello che mi occorre: latte, biscotti e caffè. Ma il momento di pace dura poco. Lei deve andare al lavoro ed io rimango da solo. Adesso devo cavamela da solo. Mi tocca uscire. Come farò?
Non mi arrendo, ce la devo fare. Alle ore 12 devo essere in comune per presiedere alla consegna delle deleghe da parte del nuovo sindaco di Pescara Marco Alessandrini. Mi organizzo mentalmente e penso che devo prim lavarmi e poi scendere giù, per raggiungere la mia auto. Poi penso che devo anche rifare il letto e lavare i piatti della colazione, un'abitudine a cui non voglio rinunciare per non essere troppo di peso. Comincia a sentire già la fatica ma non mi arrendo.
Per fortuna i piatti sporchi sono pochi e, non senza difficoltà, riesco a lavarli. Ma li lascio sul lavabo che non raggiungo l'altezza giusta per metterli a posto. Ci metto più tempo del previsto. Comincio a rendermi conto che le operazioni quotidiane, per un disabile, viaggiano ad un ritmo decisamente più lento e che, quindi, per rispettare tutti gli impegni non bisogna perdere tempo.
Sono le ore 9, 12. Sempre a bordo della carrozzina rifaccio il letto come meglio posso. Non è semplice perchè lo spazio e stretto e non riesco a tirare le coperte come vorrei. Ma lo faccio ed il risultato è soddisfacente. Poi penso a cosa indossare. Penso a qualcosa di comodo una tuta o un paio di pantaloni molto larghi. Vado in bagno a lavarmi. Immediatamente capisco che la cosa migliore è utilizzare il bidet come lavandino oppure la doccia della vasca. Non è facile. Bagno un pò ovunque ma ci riesco. Mi lavo dappertutto: mani, viso, ascelle, parti intime. Dopo tocca ai denti. Mentre pratico le abluzioni e mi asciugo con un panno mi viene in mente che sarà così per sempre.
Penso che è la disperazione totale. Vivere così non è possibile. Sono pure in ritardo. Come farò a scendere le scale? Sono tre piani, sono solo. L'unica idea che, per il momento mi viene in mente, è strisciare. Ma c'è il problema della carrozzina: come faccio a portarla giù? Chiamo la vicina. Lei (per fortuna è in casa) accetta così io passo alla fase vestizione che, stranamente, mi riesce abbastanza facile: jeans, maglietta, ciabatte e occhiali scuri. Tanto fuori fa caldo anche se minaccia di piovere.
Raggiungo terra non si sa come. Non penso a come risalirò, intanto il più è fatto. Sono già sudato e stanco. Una volta a bordo della mia carrozzina mi faccio coraggio ed esco da quello che è il mio nido. Sono quasi le 11. Vedo la mia macchina. Per fortuna l'avevo parcheggiata bene proprio vicino allo scivolo del marciapiede. La apro a distanza, sposto la portiera del lato passeggero e salto su. agilmente. Non senza sforzi disumani riesco a tirare a bordo la carrozzina. Sudo. Accendo l'auto e parto direzione Comune di Pescara.
Non posso parcheggiare nello spazio riservato ai disabili poichè non ho ancora il relativo permesso. Fortunatamente trovo parcheggio abbastanza vicino. Scendo la carrozzina e ci salto su. Mi districo tra le auto. Individuo la via più breve per il Palazzo di Città. Un usciere gentile alza al mio passaggio la sbarra del parcheggio riservato ai dipendenti comunali. Attraverso Piazza Italia, dal lato sud a quello nord. E' faticoso. Mi avvio verso l'ingresso principale ma noto da subito che non c'è l'ingresso riservato ai disabili. Mi informano che devo fare il giro del Palazzo. Lo faccio in salita. Sudo. E' faticoso. Trovo l'altro ingresso del Comune, quello sul Lungofiume.
Suono il citofono. Mi vengono ad aprire la porta dopo un pò. Salgo in ascensore e mi reco, scortatissimo, nella sala dove il sindaco Marco Alessandrini terrà la conferenza stampa con cui distribuirà i poteri per i prossimi cinque anni di governo. Mi vedono i colleghi e mi chiedono cosa mi sia capitato. Sembrano sotto choc per me. Comincia la conferenza stampa ed io sento male alle gambe. Ascolto, come posso, che la mobilità tocca a Del Vecchio. Mentre prendo appunti penso che servirebbe delegare qualcuno come Disability Manager. Non è forse vero che una società, il suo valore, si misura dal modo in cui vengono trattate le persone più deboli?
Insomma dopo due ore finisce tutto ed io mi trovo da solo in quel Palazzone. Decido di tornare all'auto e di lasciare la borsa del computer che comincia a darmi fastidio. Ripercorro il percorso d'ingresso al contrario ma, questa volta, l'uscita è più agevole oltre che in discesa. Attraverso Piazza Italia, ripasso nel parcheggio riservato e raggiungo il mio mezzo. Lo apro e lasci il pc.
Solo le 13,20. Decido che ora di andare a pranzo ma non ho i soldi con me. Ho il bancomat in tasca. Penso allora che la filiale più vicina della BLS è in via Firenze. Non sono toppo lontano, penso. Ma il percorso per raggiungere lo sportello passa attraverso la famigerata pista ciclabile del centro. Ogni dosso è un pericolo per chi è in carrozzina. Si rischia di cadere. Mentre spingo le mie gambe circolari incrocio un'amica che, non appena mi vede in quello stato, si spaventa. Ci chiacchiero un pò: lei sta andando dall'estetista, io da un'altra parte.
Finalmente raggiungo il bancomat ma, con grande sorpresa, scopro che non è agibile per me: cioè il gradino è così alto che m'impedisce di raggiungere lo sportello e prelevare. Decido di proseguire per corso Umberto I. Sulla strada mi imbatto in un altro amico, collega, che mi chiede che cosa mi sia capitato. Gli spiego brevemente la cosa e proseguo, più agevolmente, vista la pavimentazione verso il cuore di Pescara.
Individuato il bancomat della Unicredit, spingo la mia carrozzina fino alle porte automatiche. Entro, dopo avere strisciato la carta, ed eseguo l'operazione. Quasi rischio di non recuperare i soldi (50 euro) poichè lo sportellino che eroga il denaro è più alto dei miei occhi. Prendo la banconota ed esco in Corso Umberto.
Ricevo una telefonata. Blocco la carrozzina per rispondere alla chiamata. Poi mi decido a tornare indietro per pranzare lungo uno dei bar che ho visto all'andata. M'avvio fiducioso pensando che mi fanno male le gambe e che adesso potrò riposarmi ma non è così. Uno dei due, quello che mi piace di più, è troppo assolato. Provo a fermarmi e ad attirare l'attenzione della cameriera ma lei non mi nota. Così decido di proseguire per il Bar Venezia.
Il percorso di ritorno è ancora più duro. Non riesco a salire i dossi dei marciapiedi. Rischio di cadere una, due volte. Una ragazza che si è impietosita mi dà una mano e mi spinge su. Per fortuna c'era lei altrimenti non avrei saputo come fare. Intanto alla mia sinistra sfrecciano le auto a velocità esagerata. Penso che così non posso andare avanti e sta anche per piovere.
Incrocio un altro amico che mi guarda sconvolto. Chiacchiero un pò con lui e gli parlo delle difficoltà che ho incontrato nella mia condizione. Lui, saggiamente, mi risponde che "La gente dopo un minuto si scorda di tutto. Che non è possibile educarla". Forse ha ragione ma, da romantico quale sono, credo nell'abbattimento delle barriere culturali, prima che in quelle architettoniche, se l'esempio è credibile e proviene da persone consapevolmente oneste del dolore che si prova nella disabilità.
Solo le 14,20 ed ho fame. Ho anche le mani sporche che sono il risultato di avere spinto i raggi della mia Surace per ore. Entro nel Cafè Venezia e chiedo di pranzare. Mi dicono che hanno finito tutto ma che possono darmi degli stuzzichini. Preciso che non mangio carne e che vorrei lavarmi le mani. Mi indicano il bagno e con grande gioia lo trovo perfettamente a norma. Mi lavo le mani, riesco a fare la pipi, mi rilavo le mani e torno indietro fino ad un comodo tavolo.
Mi servono il pranzo. Lo gusto e mi rilasso ma le gambe continuano a farmi molto male. Ricevo delle telefonate. Un amico vuole venire a trovarmi. E' anche lui coinvolto nell'associazione Carrozzine Determinate, si chiama Alessandro Palucci fa l'avvocato. Dopo mezz'ora mi raggiunge e mi chiede come va. Parliamo di Claudio Ferrante e dell'iniziativa che mi/ci ha sottoposto per conoscere meglio il mondo della disabilità. Chiacchieriamo un pò delle iniziative che intraprenderemo insieme. Beviamo un caffè e paghiamo. Gli chiedo di aiutarmi a salire in macchina.
Attraversando via Venezia m'imbatto in un tipaccio che mi guarda nella speranza che io possa salutarlo così lui può chiedermi "Ma cosa ti è capitato. Oddio come mi dispiace". Naturalmente lo ignoro come ho sempre fatto: a) perchè è un poveraccio; b) perchè ha una certa età e non mi va di rispondergli per le rime. Alessandro, sempre al mio fianco, mi porta alla macchina e mi domanda come si fa a ruotare su questi marciapiedi distrutti. Gli spiego che il rischio è cadere ma per fortuna sono ancora giovane ed in forze. Penso a come farò da vecchio, solo e senza aiuto. Ancora quel senso di angoscia e di paura. Sta per piovere. Sono circa le 16 e 25.
Troviamo la mia auto. Salire a bordo è un'impresa ardua perchè è alta. Non è un mezzo adatto ma io ho questo e ci riesco. Da solo. Come pure ce la faccio a caricare la mia Surace, smontandola e mettendola dal lato passeggero. Alessandro mi scatta una foto meravigliandosi di tanta forza. Piove. Sono sudato. Volevo andare in ufficio a lavorare ma non me la sento. Ci sono barriere architettoniche da superare che il palazzo è molto vecchio e, a quest'ora, non troverei sicuramente parcheggio. Poi le mie forze stanno venendo meno. Mi fanno male le braccia e le gambe. Anche l'umore non è al top.
Sono circa le 17 quando raggiungo a casa. In testa un solo desiderio: quello di spaparanzarmi sul divano. E così è stato fino a sera. Davanti alla tv. Senza fare nulla. Fissando la mia carrozzina che oggi è stata il mio mezzo di locomozione e pensando che per molti quella struttura di metallo è l'unica via per la libertà e l'indipendenza.
Ora Io non sono un politico, non ho bisogno di voti. Non ho provato questa esperienza per cercare di raccattare consensi. Ma mi sono avvicinato alla disabilità perchè incuriosito dalla figura di Claudio Ferrante che è un faro per chi soffre. Lui mi ha convinto a provare, per quello che potevo, in prima persona come ci si sente. Come si vive. Quello che ho avuto in cambio è che adesso vedo la mia vita, anche egoisticamente, sotto un altro punto di vista. Io non muovo solo le gambe ma anche le braccia. C'è gente, che ha i nostri stessi diritti, ma una sola colpa: quella di essere malata. Ecco. Vorrei poter essere un mezzo di divulgazione delle poblematiche della disabilità perchè io stesso, in passato, ho parcheggiato l'auto davanti a scivoli senza curarmi del disagio che potevo provocare. Non ho fatto di peggio ma altri sicuramente si.
La conclusione è che Pescara non è una città architettonicamente inaccessibile. Ma è bene pensare a modelli di sviluppo sempre migliori perchè, alleviare le sofferenze di chi è disabile, è una nostra responsabilità oltre che un dovere di esseri umani degni di codesto titolo. Nei prossimi giorni con Carrozzine Determinate lanceremo delle iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica e le Istituzioni perchè sono loro, in primis, che hanno mezzi ed il potere decisionale.
Il Sub