Un amore impossibile

La storia di una grandissima amicizia stroncata dalla malattia raccontata osservando l'amore impossibile tra un fiore terrestre ed un'anemone del mare

Un amore impossibile

UN AMORE IMPOSSIBILE.

Tutte le mattine, alla fine di giugno, Lino ed io, percorrevamo una strada tortuosa che ad un certo punto, dopo una curva, si immetteva in un rigoglioso campo di girasoli, vicino al mare. In macchina ci recavamo in un ITC per esaminare, su incarico del Ministero della Pubblica Istruzione, gli studenti che dovevano conseguire la maturità... Alla vista dei girasoli cessavano come d’incanto i nostri noiosi discorsi di politica. Di quei fiori mi attiravano le grandi corolle tutte rivolte disciplinatamente nella direzione del sole seguendone il movimento. La sera, al ritorno dalla sede degli esami, li vedevamo come spenti e con le teste recline. Mi ricordai così del mito della ninfa Clizia, perdutamente innamorata di Apollo che però amava un’altra. La ninfa fece in modo di liberarsi della rivale. Ma Apollo, che la prese male, respinse le sue effusioni. Alla ninfa disperata, restava solo la possibilità di seguire con lo sguardo estasiato, il dio che attraversava il cielo trasportando il sole. Avvenne così che, consumata dalla passione, Clizia si trasformò nel fiore che conosciamo...

In uno di quei assolati giorni di fine giugno Lino mi disse: ”Guarda quel girasole dov’è andato a nascere! Che strano...” Un girasole dai lunghi petali gialli splendenti era cresciuto sul ciglio di una roccia distante una decina di metri dal campo, con la pesante corolla reclina sul mare come se, novello Narciso. ammirasse la sua immagine riflessa nell’azzurro dell’Adriatico.

“E' vero” dissi ”ha un qualcosa che gli conferisce quell’aspetto così regale.. Sembra il re dei girasoli!” Nello stesso tempo il suo isolamento me lo faceva sembrare triste, come se un fiore potesse esserlo.

Non ci fermammo perché non volevamo arrivare in ritardo a scuola, ma nel primo pomeriggio al ritorno ci fermammo nei paraggi e raggiungemmo quell’isolato girasole.

Lino mi disse: “Hai visto quel magnifico fiore rosso sul fondo del mare? E guarda i suoi petali che si agitano!”. Risposi: “Non è un fiore è un anemone di mare e quelli non sono petali ma piccoli tentacoli che servono a catturare le prede”.

Il giorno dopo parlando del più e del meno pensai ad alta voce. “Ora che ci penso quel margheritone si comporta diversamente dai suoi simili non obbedisce alla legge dell’eliotropismo: non segue il movimento del sole da Est verso Ovest ma guarda fissamente la superficie del mare. Vuoi vedere che c’è una relazione tra il fiore e l’anemone?”. Lino mi tappò bruscamente la bocca. Rimproverando, mi sgridò: “Non dire cazzate, stronzetto”.

Il mio amico, che si professava materialista, non voleva ammetterlo, ma in realtà era affascinato dall’anemone e da quel fiore che, affacciato sullo sfondo del mare azzurro, con la corolla reclina sull’acqua sembrava cercasse qualcosa, infischiandosene dei suoi simili che, invece si rivolgevano tutti insieme disciplinatamente verso il sole, Sembravano una compagnia di soldati che sfilano in una parata militare. E così ogni giorno quasi per un mese quando la strada s’inerpicava in quel campo di girasoli, smettevamo di parlare di politica, mentre i nostri sguardi andavano al grande fiore con la corolla reclina sul mare.

L’ultimo giorno di lavoro, al ritorno dalla scuola non vedendo il fiore, ci fermammo e a piedi raggiungemmo la roccia dove s'ergeva maestoso Il Re dei girasoli. Lo trovammo disteso sulla roccia salmastra con l’anemone adagiato su di lui. L’uno e l’altro, senza vita, bruciati dal sole e stretti nell’abbraccio mortale. “Era destino che finisse così una pianta ed un animale marino non possono amarsi né in mare né sulla terra. Per questo si sono suicidati", dissi amaramente. “Ora però sono uniti per sempre“. Lino, invece, da par suo, ribattè con freddo materialismo. “Probabilmente è stata la marea a portare l’anemone sullo scoglio, ed è stata sempre la marea a seccare il foglio!”. Concludendo poi “stronzetto piccolo borghese romantico”. Dal tono insolito della sua voce capii che stava mentendo e così replicai: “Ma Lino perché stai piangendo?”. “Ma che dici?", mi rispose. "E' solo un bruscolino che mi è entrato nell’occhio. Stronzetto!”, ben sapendo che non mi aveva affatto convinto. E da quel giorno non avemmo più modo di parlare né del girasole né dell’anemone.

Anche il mio amico di lì a qualche anno sarebbe morto in seguito ad una rarissima malattia che aggredisce il tessuto epidermico la sindrome di Steven Johnson. Inizialmente era stato ricoverato in ospedale in seguito ad una leggera forma ischemica, così io andai a trovarlo e lui non so perché mi parlò del girasole e dell’anemone e della loro fine “Come Giulietta e Romeo” disse...

Prima di andar via regalai a quel miscredente una copia di “FAMIGLIA CRISTIANA”, la rivista dei padri Paolini. Lui mi guardò in cagnesco e mi disse: “Sei matto? Vuoi convertirmi? Ho sempre sospettato che sotto sotto fossi uno sporco cattolico! Stronzone” Ed io di rimando: “Prima di giudicare apri la rivista”. Nel cellophan del giornale avevo inserito un gadget molto particolare: una oscena rivista pornografica. Lino scoppiò in una risata fragorosa, forse l’ultima della sua breve vita. Quella fu l’ultima volta che vidi Lino che dopo qualche mese morì tra atroci sofferenze in un ospedale del Nord, Ho saputo poi che la rivista con relativo gadget fu regalata dal mio amico ad una suora che, pare, lo abbia apprezzato.

Clemente Manzo