“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Stipendi bassissimi a Pescara e il costo della vita e anche caro
La retribuzione annua lorda è di 18.656 euro, con 232,4 giornate lavorative medie all’anno e una retribuzione giornaliera di 80,78 euro
Continua il gap salariale tra il nord ed il sud del paese mentre il costo della vita (causa inflazione) continua a salire. Purtroppo la notizia ci riguarda da vicino perché è l’Abruzzo a rivelare salari da fame rispetto ai ‘colleghi’ settentrionali che, in media, percepiscono il 35% rispetto al meridione. A rilevarlo è uno studio della Cgia di Mestre che elabora dati Inps e Istat secondo la quale la differenza è dovuta alla maggiore produttivita’ del lavoro che al Nord, è del 34% superiore al dato del Sud. A livello regionale la retribuzione media annua lorda dei lavoratori dipendenti della Lombardia è pari a 28.354 euro, in Calabria, invece, ammonta a poco più della metà; ovvero 14.960 euro. Ma se nel primo caso la produttività del lavoro è pari a 45,7 euro per ora lavorata, nel secondo è di appena 29,7.
In Abruzzo la retribuzione annua lorda è di 18.772 euro, con 232,4 giornate lavorative medie all’anno e una retribuzione giornaliera di 80,78 euro. La media italiana è di 22.839 euro con 244,4 giornate medie di lavoro all’anno e 93,46 euro di retribuzione giornaliera. A livello provinciale, Chieti è la zona dove la retribuzione è più alta (55mo posto), con 19.837 euro all’anno e 83,63 euro di retribuzione media giornaliera. A seguire L’Aquila (62mo posto) con 18.790 euro all’anno 80,76 euro di media al giorno e Pescara (64mo posto) con 18.656 euro all’anno e 80,60 euro al giorno. Infine Teramo (75mo posto) con 17.463 euro all’anno e 77,04 euro al giorno.
Lo studio, ripropone, spiega la Cgia, la questione degli squilibri retributivi presenti tra le diverse aree d’Italia, in particolare tra Nord e Sud, ma molto evidente anche quelli tra le aree urbane e quelle rurali. Tema che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro. L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte, per la Cgia, gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste e in molti casi sono addirittura aumentate, perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che – tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media – sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. Le tipologie di queste aziende dispongono anche di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante. Infine, non va nemmeno dimenticato che il lavoro irregolare, molto diffuso nel Mezzogiorno, da sempre provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori che tradizionalmente sono investiti da questa piaga sociale (agricoltura, servizi alla persona, commercio).