“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Sentenza ‘choc’ a L’Aquila
Per il Tribunale Civile le vittime del palazzo crollato in seguito al sisma anziché restare a dormire, come hanno fatto, avrebbero dovuto fuggire dopo le due scosse prima della tragedia
Gli eredi dei 24 ragazzi di via Campo di Fossa morti in seguito al terremoto del 6 aprile 2009, sono rimasti di sasso dopo la lettura della sentenza della Giudice Monica Croci, poiché la loro richiesta di risarcimento per milioni di Euro è stata accolta solo in parte. Per il Tribunale Civile de L’Aquila le vittime del palazzo crollato in seguito al sisma, anziché restare a dormire come hanno fatto, avrebbero dovuto fuggire dopo le due scosse della notte tra il 5 e del 6 aprile 2019, quelle che hanno anticipato quella micidiale delle ore 3,32 che causò complessivamente 309 vittime e oltre 1.600 feriti. Il ministero dell'Interno e il ministero delle Infrastrutture, per le loro responsabilità, dovranno risarcire le parti lese con una quota del 30% (il 15% per ciascun ministero) del danno subito, mentre le eredi del costruttore Del Beato per le sue responsabilità in fase di costruzione, dovranno contribuire con il 30%. Ma anche gli eredi dei ragazzi morti sono corresponsabili per il 30% a causa del “ concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta” come ha sentenziato il Tribunale Civile aquilano. Le famiglie delle vittime, indignate per l’ingiusta sentenza, hanno annunciato ricorso come ha dichiarato infuriata l'Avv. Maria Grazia Piccinini, madre di Ilaria Rambaldi, anch’essa morta sotto le macerie di via Campo di Fossa. Ad indurre i ragazzi a restare tranquilli furono le rassicurazioni del vice capo de dipartimento di Protezione Civile Bernardo De Bernardis che il 31 marzo, cioè pochi giorni prima del micidiale terremoto, disse “non c’è pericolo". Il lungo processo penale che vide imputati anche sei membri della Commissione Grandi Rischi che aveva rassicurato la popolazione sul rischio sismico, si concluse con l’assoluzione degli imputati, mentre nel processo di primo grado, erano stati condannati a sei anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni. Alla fine l’unico ad essere condannato alla pena di 2 anni di reclusione fu il solo De Bernardinis, considerato all'epoca da molti il classico capro espiatorio.