“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Sarni: il "caso" a Chieti
Otto licenziamenti che finiscono "a tarallucci&vino". Le lavoratrici accusano gli avvocati della Filcams-Cgil
AVVOCATI&SINDACATI: STESSA RAZZA? - Navigando su Twitter ci imbattiamo in una strana storia. Strana manco tanto, poichè quando si tratta di soldi, sindacalisti ed avvocati c'è sempre da aspettarsi di tutto. Leggete cosa abbiamo scoperto spulciando sull'interessantissimo blog di Samanta Di Persio (http://sdp80.wordpress.com/). Si tratta di un'inchiesta sul Gruppo Sarni: 30 punti vendita con il brand “Sarni” per la gestione di bar, gelaterie, pizzerie e ristoranti self service nei centri commerciali ed autostrade; 50 punti vendita con il brand “Follie d’Oro” per la gestione di oreficerie e orologerie; 40 punti vendita nella gestione di Aree di Servizio autostradali (secondi in Italia). In totale oltre 1.500 dipendenti su tutto il territorio nazionale. Che centra con la terra che d'Annunzio definiva «forte e gentile»? Proviamo a raccontarvelo noi di Abruzzo Independent.
LAVORATRICI LICENZIATE INGUISTAMENTE- Maria Esposito, insieme a sette colleghe, da tre anni sono state licenziate illegittimamente proprio dal gruppo Sarni. «Nel giugno del 2007 - scrive nel blog Samanta Di Persio - Sarni rilevò le quote del gruppo Fini. Maria Esposito e le sue colleghe lavoravano nel ristorante Finifast presso il centro commerciale il Parco di Calenzano. L’azienda, di proprietà della società il Parco srl, era gestita in regime di affitto dalla Finifast. Il 4 dicembre 2012 Finifast cedette la gestione dell’azienda a Finifast two, stipulando un contratto di subaffitto. Il 28 gennaio 2009 la Finifast cedette il ramo d’azienda oggetto del contratto di affitto. Da subito i rapporti fra i vertici aziendali, i lavoratori e le organizzazioni sindacali si presentarono complessi. La Finifast applicava il miglior contratto del settore ristorazione, mentre la nuova dirigenza rifiutava l’applicazione di alcune clausole del Contratto Nazionale Collettivo (fornitura del vitto ai dipendenti e l’integrativo aziendale). Le lavoratrici a fine 2008 scioperarono, ma vennero sostituite da dipendenti di un altro punto ristoro». La mattina del 24 marzo 2009 tutte le lavoratrici ricevettero una lettera di licenziamento con decorrenza 31 marzo 2009 per cessazione dell’attività. «Il provvedimento - continua la Di Persio - era incomprensibile poiché il locale era gestito in regime di affitto d’azienda, quindi in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua. Ma l’intento era di dar vita ad una società ad hoc, la Calenzano 2 srl, che svolgesse sempre la stessa attività, con meno di quindici dipendenti. Infatti in data 2 aprile 2009 furono riassunte solo le lavoratrici remissive alle nuove regole imposte (non erano iscritte alla Filcams-CGIL e non avevano partecipato allo sciopero)». Il 2 marzo 2010 il Giudice del lavoro del tribunale di Prato chiese il reintegro delle otto lavoratrici poiché i licenziamenti erano nulli.
INIZIA LA BATTAGLIA LEGALE - «Il gruppo Sarni manifestò la propria volontà di opporsi in ogni modo alla sentenza di reintegro», ha scritto Samanta Di Persio nel suo blog. Il 27 maggio del 2010 presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Prato tra le lavoratrici e l’azienda venne firmata una transazione: le lavoratrici accettarono il licenziamento e l’azienda accettò di pagare 10mila euro a ciascuna lavoratrice. «Da maggio 2010 - continua la Di Persio - alle lavoratrici sono state liquidate solo le prime due rate, quelle che l’azienda riteneva di dover pagare. Gli avvocati della Filcams-Cgil non si sono interessati ai restanti pagamenti e a dicembre 2010 le lavoratrici sono state costrette a cambiare avvocati».
LO SPOSTAMENTO A CHIETI ? - Da Gennaio 2011 il nuovo avvocato invia precetti alle sedi legali ed alle residenze degli amministratori legali, senza riceve risposta. Continua l'autrice nel suo blog: «Ad ottobre 2011, tramite visura camerale si evince che la società è stata nuovamente venduta, questa volta a due persone di Chieti. L’avvocato manda un primo precetto alla sede legale di Chieti, ma questa non esiste, allora lo manda alla residenza dei soci, il padre, di uno dei due, risponde che il figlio si è trasferito a Pescara. Le lavoratrici hanno dovuto prendere un secondo avvocato di Chieti. Fino ad oggi il precetto giace presso un ufficio postale di Chieti, dove possono trattenerlo per sei mesi, mentre la ricevuta di ritorno è stata smarrita»
Il subdirettore