“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Sacrificio ellenico
Apprvato il pacchetto di norme che fanno felici le agenzie di rating. Il popolo lasciato dall'Europa al suo destino
SIAMO TUTTI IN GRECIA - La crisi greca esplode nel 2009 quando il governo appena eletto del socialista Papandreou certifica un debito pubblico mostruoso: 160 miliardi di euro. Ricordiamo che cosa è successo. Il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e la Banca Centrale Europea, preoccupati dal caso greco, decidono un programma di risanamento. In quel preciso istante la crisi diventa una catastrofe, complice una classe dirigente che, incapace di tutelare i propri concittadini, si affida alle scelte di politica economica della troika. Risultato: un aumento delle tasse, obblighi e privatizzazioni, rinunce drammatiche (tredicesime e quattordicesime), licenziamenti a raffica e dimagrimento del già rovinoso stato sociale. Siamo nel bel mezzo della crisi economica internazionale. Siamo nel 2010. Caso risolto? No, non basta. Per questi geniali economisti internazionali la Grecia, se vorrà essere “salvata” ed avere ulteriori prestiti, dovrà imporre ancora degli sforzi alla sua gente. Indovinate in che modo? Tagliando e licenziando. Siamo nel 2011.
NELLA PATRIA DI ARISTOTELE E SOCRATE - Incominciano i primi scioperi, la rabbia del popolo cresce come una febbre. Troppo dura da digerire l’austerity imposta. La speranza cede il passo alla disperazione del pueblo ellenico che non vede vie d’uscite al proprio dilemma economico. A quel punto anche il Primo Ministro Papandreou comprende che queste ulteriori richieste sono del tutto inaccettabili. Forse è solo il timore di un colpo di stato. Viene annunciato un referendum popolare per decidere se accettare o meno le misure imposte dall’UE. Si scatena il panico nei palazzi del potere economico europeo ed internazionale. Seguono frenetiche giornate di trattative nelle stanze dei bottoni. Dietro la gigantesca pressione internazionale, il Presidente dell’esecutivo è costretto a ritirare la consultazione popolare. L’annuncio di nuove durissime imposizioni per il caso Grecia, precede le dimissioni di Papandreou. Aristotele e Socrate, indignati si rivoltano nella tomba.
IL COMPARE PAPADEMOS - Gli organismi internazionali non si fidano più. Devono agire da soli. Troppo debole l’élite di potere ellenica, troppo incline ad ascoltare il popolo, ormai in ginocchio. Scelgono un loro uomo, casualmente on passaporto greco, per la guida del nuovo Esecutivo: è l’ex vice presidente della Banca Centrale Europea, Papademos. Che succede? Riparte la macchina del massacro sociale, mascherata da legge finanziaria. Siamo nel 2012. I tagli già imposti dal FMI-UE-BCE non sono ancora sufficienti. Il compare di studi accademici Papademos non ha dimenticato la lezione americana. Se vorrà evitare il default dovrà maciullare lo stato sociale e abbandonare i suoi concittadini al loro tragico destino. Come avverrà tutto questo? Con l’ennesimo pacchetto di tagli. Per citarne alcuni: il 20% sui salari minimi, stop alle tredicesime, sforbiciatina alle pensioni, riduzione della spesa pubblica e, ovviamente, nuovi pensantissimi licenziamenti. Una carneficina sociale.
SCOPPIA LA RABBIA – Il giorno della cancellazione della dignità ellenica, l’esecutivo greco si arrocca dentro il Palazzo, protetto da centinaia di poliziotti. La folla indignata tenta l’assalto. Urla, rabbia, botte, arresti. Cinque ministri si dimettono, Ma nulla: le norme vengono approvate.Tutti coloro che credono ancora nella democrazia e nel diritto di autodeterminazione dei popoli non possono che assistere impietriti all’escalation greca di queste ore e sentirsi vicino al sofferente popolo ellenico.
L'EUROPA E' MORTA: Ieri sera, 12 febbraio 2012, abbiamo assistito alla rottura del patto europeo e alla vittoria del mercato internazionale. Il voto del parlamento ellenico, infatti, non ha solo segnato la fine della repubblica democratica greca e la riduzione in schiavitù del suo popolo alle agenzie di rating, ma anche la conclusione del sogno di un Europa unita. Niente più progresso, avanzamento o miglioramento di nessun genere attende il vecchio continente. Fine del viaggio, siamo giunti al capolinea.Noi italiani dovremmo guardare con grande attenzione quello che sta succedendo in queste ore. Nonostante le parole del presidente Napolitano, Roma non è stata mai cosi vicina ad Atene.
Francesco Mimola