BOSS DELLA CAMORRA IN LIBERTA VIGILATA ARRESTATO A SULMONA. Francesco Mallardo, capo dell'omonimo clan di camorra, è stato arrestato questa mattina dagli agenti del Commissariato di Sulmona perchè sospettato di continuare a gestire i "traffici" illegali della sua banda dall'Abruzzo. Adesso è rinchiuso in carcere per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p.. cioè "associazione di tipo mafioso". Contemporaneamente sono state effettuate numerose perquisizioni locali sia a Napoli che nel capoluogo peligno.
LE INDAGINI SCATURITE DA UNA "SOFFIATA". Le indagini sono scattate circa quattro anni fa subito dopo il pentimento di alcuni collaboratori di giustizia che avrebbero rivelato che Mallardo, nonostante la detenzione, avesse continuato a dirigere il clan dall'Abruzzo. Il boss, secondo quanto evidenziato dalle attività attività d'investigazione (intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, servizi di osservazione e tabulati telefonici) avrebbe sfruttato la sua malattiva, che apunto l'aveva portato in Abruzzo, per continuare ad impartire le direttive al suo clan. In particolare avrebbe utilizzato la patologia di cui soffre, una malattia al cuore, per recarsi in Puglia per visite specialistiche ma anche, e soprattutto, per incontrare i suoi sodali o vertici di altri clan camorristici di Napoli. A Sulmona, poi, conduceva una vita tranquilla: guidava nonostante non avesse la patente guida e fumava mentre gestiva tranquillamente il clan ed anche che era perfettamente consapevole di avere strumentalizzato le patologie da cui è affetto.
VIETATO SPACCIARE A GIULIANOVA. Uno dei primi atti compiuti dal capo Clan, che appunto era stato ammesso per motivi di salute al programma di libertà vigilata nel territiorio abruzzese, era stato quello di vietare agli affiliati di svolgere attività di spaccio di droga nel territorio giuglianese, pena l'adozione di severi provvedimenti. Nelle conversazioni intercettate dalla Squadra Mobile di Napoli, secondo quanto ritenuto dalla D.D.A di Napoli e dal G.I.P. del Tribunale partenopeo, il Mallardo parlav aesplicitamente di affari del clan, di estorsioni, di reimpieghi, di pestaggi ed attentati, di pagamento degli stipendi agli affiliati, del sovvenzionamento alle famiglie degli affiliati detenuti e delle dinamiche interne ai vari gruppi operanti all'interno del clan omonimo.
GLI INTERESSI DEL CLAN. Tra gli argomenti intercettati dagli inquirenti di chiaro contenuto camorristico: la corresponsione delle spese legali per le difese degli affiliati, il recupero crediti, investimenti effettuati in attività economiche, pagamento degli stipendi agli affiliati, estorsioni, riciclaggi ed investimenti, competenza territoriale del clan, gestione della cassa del clan, contrabbando di sigarette, gestione di agenzie gioco/scommesse, progetti di edilizia residenziale, controllo delle attività economiche nelle zone controllate dal clan (divieto di apertura di negozi senza il benestare dei vertici camorristici), organizzazione interna al clan (ruolo delle donne), ruolo dei parenti dei detenuti come latori di messaggi, accollo delle spese legali degli affiliati detenuti, gestione del mercato della frutta a Giugliano, rapporti con rappresentanti di altri clan; i propositi di ritorsione nei confronti del collaboratore di giustizia Giuliano Pirozzi.
GLI INQUIRENTI: "RUOLO APICALE DEL BOSS IN CAMPANIA". Secondo gli inquirenti "ciò che appare evidente dal complesso delle conversazioni intercettate e dai successivi riscontri è il ruolo assolutamente centrale ricoperto dal clan Mallardo negli equilibri criminali dell'intera Regione Campania dati i rapporti di stretta alleanza esistenti tra lo stesso e le organizzazioni criminali vincenti operanti nel Casertano e nella città di Napoli. Proprio tali rapporti -spiegano gli inquirenti - che trovano il loro antecedente storico nell'appartenenza del clan Mallardo alla ed "Alleanza di Secondigliano", hanno portato Mallardo Francesco ad assumere una posizione apicale anche sul territorio della città di Napoli, confermandosi in tal modo il ruolo egemone della organizzazione dallo stesso capeggiata in un ambito ben più vasto di quello entro il quale il clan aveva tradizionalmente operato".
PERCHE' SULMONA? Sempre secondo gli inquirenti la scelta di Sulmona come luogo di dimora indicato dal boss dopo il lungo periodo di detenzione carceraria e la successiva libertà vigilata era avvalorato dalla vicinanza logistica con Giugliano in Campania e del fatto che la cittadina rappresentava un luogo tranquillo ed apparentemente indisturbato per gli incontri parentali ed affaristici del Boss. Ma la sua presenza sul territorio peligno non era di certo passata inosservata tanto che gli agenti del Commissariato l'avevano segnalata già 2 anni fa alla Squadra Mobile dell’Aquila.
Redazione Independent