“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Pescarese condannato a 19 anni in Nuova Papua Guinea
Carlo D’Attanasio era accusato di traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio. Il difensore: “Il mio assistito è completamente estraneo ai fatti”
Si conclude con una condanna a 19 anni di reclusione il primo grado dell’odissea giudiziaria del pescarese Carlo D’Attanasio, arrestato e processato in Papua Nuova Guinea con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio. Partito nel 2020 per effettuare il giro del mondo in solitaria in barca a vela, viene bloccato a Port Moresby, la capitale, a causa del covid. Ed è proprio lì che la sua presenza viene collegata ad un disastro aereo: un piccolo velivolo che si era schiantato al suolo mentre trasportava 611 kg di cocaina. Il nostro concittadino, che ed è affetto da un tumore al colon in fase avanzata, conduce dalla data del suo arresto una battaglia contro le difficili condizioni carcerarie e contro le accuse, rispetto alle quali si è sempre proclamato innocente. L’avv. Mario Antinucci del Foro di Roma, che lo assiste in questa complessa vicenda giudiziaria, ha fatto rilevare in molteplici occasioni l’inconsistenza della accusa di traffico internazionale di stupefacenti, destinati all’Australia, e del connesso presunto riciclaggio, facendo rilevare che “Il Sig. D'Attanasio è stato ingiustamente accusato di narcotraffico internazionale e riciclaggio di denaro sulla base di indagini poliziesche di chiara marca inquisitoria, inutilizzabili nel giusto processo europeo se non a determinate condizioni di legalità dell'assunzione della prova. Non si è formata alcuna prova in giudizio sul fatto che il D'Attanasio abbia portato la droga in Papua Nuova Guinea. E’ molto grave sul piano della violazione dei Diritti Umani in chiave internazionale, la circostanza che il giudice, pur avendo evidenziato in sentenza le gravissime condizioni di salute dell'imputato in pericolo di vita, non abbia tenuto nella giusta considerazione il canale diplomatico attivato in Italia attraverso il Ministero degli Esteri per la consegna dello stesso al solo fine di essere sottoposto alle necessarie cure mediche in Italia. In precedenza, è stato lo stesso direttore del carcere della Papua Nuova Guinea ad aver documentato in precedenza l'incompatibilità delle condizioni di salute del sig. D’Attanasio, circostanza emersa da ultimo nel corso della recente visita pastorale di Papa Francesco nell'isola del Sud Pacifico. Faremo i motivi d'appello nella prossima settimana attraverso i colleghi attivi in Papua Nuova Guinea, ma possiamo subito azionare la procedura d'urgenza dinanzi alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo per la grave violazione del diritto alla vita del Sig. D'Attanasio”.
Silvia Cipolloni