“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Pd - M5S = 1 A 0
L'elezione di Grasso sancisce la fine di un governo di "larghe intese". Bersani pronto a votare a giugno
PD - M5S = 1 A 0. L’elezione a Presidente del Senato dello stimatissimo Pietro Grasso, ottenuta con i voti di 12 senatori "grillini", dopo appena una settimana dall’insediamento del nuovo parlamento, certifica la fine delle speranze del Presidente Napolitano di poter riuscire a dare un governo stabile al nostro paese e la morte politica di questo parlamento, diviso in quattro blocchi completamente distinti (Centrosinistra, Centrodestra, Montiani e Grillini). Segna anche, però, la fine delle speranze di Monti di andare al Quirinale e di Bersani di essere il prossimo Presidente del Consiglio. Sabato scorso, infatti, si è segnato semplicemente il primo punto a favore del Partito Democratico nei confronti dell’unico vero avversario politico rimasto oggi in Italia: il "Movimento 5 Stelle" del comico genovese Beppe Grillo.
CENTROSINISTRA SI PREPARA AL VOTO. La coalizione di centrosinistra si prepara a tornare al voto a giugno e lo fa con un obiettivo preciso: lacerare in pochi mesi l’enorme consenso elettorale del Movimento 5 Stelle e scegliere il prossimo Presidente della Repubblica a cui spetterà il compito di sciogliere le camere e indire nuove elezioni. Partendo da quest’ultimo punto è bene ricordare che gli scenari possibili, quando si elegge il Capo dello Stato, sono molteplici ma volendo azzardare una previsione l’uomo giusto per il Colle potrebbe essere lo stesso Pietro Grasso, che dopo aver ottenuto la carica da Presidente del Senato con il voto di parte di "Senatori 5 Stelle", potrebbe assicurarsi anche il consenso di parte del PDL. Berlusconi, infatti, non ha mai nascosto la propria stima per questo magistrato da lui fortemente voluto a capo della procura antimafia.
LA TATTICA DEL "LIDER MAXIMO" (D'ALEMA). Tornando invece ad analizzare la tattica politica del PD si potrebbe affermare addirittura che Bersani in realtà non ha mai creduto di poter riuscire, dopo il voto del 25 febbraio, a ottenere la fiducia a un governo da lui presieduto con i voti dei grillini. Da uomo di partito, però, leale e fedele, ha deciso di immolare la sua posizione personale e lanciare la volata al sindaco di Firenze Renzi. Ha chiesto un passo indietro alla Finocchiaro e Franceschini e ha inserito due facce “nuove” e pulite come quelle di Grasso e Boldrini per poter mostrare agli italiani che il partito ha deciso finalmente di “rottamare” definitivamente la vecchia classe dirigente. Ma per ottenere la vittoria a giugno, forse sempre con questa legge elettorale, non bastano due personalità illustri, bisogna logorare la credibilità di Grillo agli occhi dei suoi elettori e di chi potrebbe aggiungersi a giugno. Il leader della colazione del centro sinistra, in buona sostanza, in questi mesi ha il compito di minare il più possibile la compattezza dei senatori e deputati del Movimento 5 Stelle attraverso la pubblica offerta quotidiana di concessioni al programma cinque stelle (gli ormai famosi otto punti) con la segreta certezza, però, della impossibile accettazione della sua figura alla presidenza del consiglio.
LO "SCACCHISTA" GENOVESE. Grillo a questo punto è ad un angolo e deve combattere su più fronti. Decidere velocemente. La politica è per lui in questo momento come giocare a scacchi:difficile. L’unico modo per farla bene è prendere decisioni giuste. Se ce la fai sei salvo. Se sbagli ti mangiano. Al suo movimento gli italiani non perdoneranno niente, mentre negli anni sono stati sempre disposti a perdonare tutti, sia a destra che a sinistra. A giugno non sarà facile rifare il giro delle piazze e ricominciare ad attaccare, sarà costretto a difendersi e spiegare perché non si è voluto alleare con il PD. Se Grillo non riuscirà a togliersi dall’angolo in cui si è cacciato, dunque, nel prossimo parlamento i suoi uomini saranno molto di meno. Questo non sarà un ben per l’Italia perché, malgrado e comunque la si pensi politicamente, se gli altri partiti compreso il PD stanno facendo delle piccole rinunce ai loro privilegi e cercano di rinnovarsi è solo perché l’ex comico genovese ha imposto un cambio di agenda a tutti. In buona sostanza gli altri partiti hanno capito che ho cambiavano o morivano. E questo storicamente lo si dovrà a Grillo. Si spiega così la rabbia delle ultime ore del comico genovese verso i senatori dissidenti. I neo parlamentari 5 stelle non sembrano aver capito la posta in palio e si sono fidati del Partito Democratico non ricordandosi una regola politica antichissima che dice che in politica “chi ti accarezza poi ti pugnala”.
Francesco Mimola