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Operazione "Dirty Job": sequestrati beni al Clan dei Casalesi
Nel mirino della Finanza di L'Aquila imprenditori edili del casertano: accertata la presenza delle infiltrazioni mafiose nell'aquilano
OPERAZIONE DIRTY JOB. SEQUESTRATI BENI PER 1,8 MILIONI DI EURO. I Finanzieri del Comando Provinciale di L’Aquila hanno eseguito il sequestro di beni riconducibili ad imprenditori edili casertani per un valore complessivo di circa 1.800.000 euro.
L’attività investigativa nasce dalla più complessa indagine di polizia giudiziaria“DIRTY JOB” portata a termine a giugno 2014 e che ha consentito di riscontrare una infiltrazione nel tessuto aquilano di imprese edili aventi elementi di possibile contiguità col “Clan dei Casalesi”.
Si tratta di imprese di origine casertana che si erano progressivamente affermate nel business della ricostruzione post-sisma del capoluogo abruzzese.
Il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo P.T. di L’Aquila, coordinato e diretto dal Procuratore della Repubblica Fausto Cardella e dal Sostituto Procuratore David Mancini, ha eseguito ulteriori indagini finalizzate all’accertamento del tenore di vita, delle disponibilità finanziarie e, più in generale, della consistenza patrimoniale dei soggetti indagati, esaminando le attività economiche esercitate dai medesimi, al fine di individuare le lecite fonti di reddito e pertanto verificare le sussistenze delle condizioni di applicabilità del disposto normativo presunto dall’art. 20 del D.lgs. 159/2011.
Al termine dello screening patrimoniale è emersa la disponibilità, anche indiretta, in capo ai suddetti, di numerosi cespiti di valore sproporzionato rispetto al reddito lecito dichiarato, da ritenersi quindi frutto e/o reimpiego degli illeciti guadagni.
Il provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di L’Aquila – Sezione Misure di Prevenzione a seguito di richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di L’Aquila è stato eseguito da parte del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Aquila in collaborazione con i colleghi dei Comandi Provinciali di Parma, Roma, Napoli, Benevento e Caserta ed ha riguardato il patrimonio riconducibile ad uno dei principali indagati di “Dirty Job” e ad alcuni dei suoi familiari, costituito da terreni, immobili, beni mobili registrati, quote societarie, capitale sociale e l’intero patrimonio aziendale ivi comprese le disponibilità finanziarie detenute anche per interposta persona in valore sproporzionato al reddito dichiarato da ritenersi frutto e/o reimpiego degli illeciti guadagni derivanti dalla commissione dei reati di cui all’art. 416 bis c.p., all’art. 629 c.p., all’art. 603 bis c.p., all’art. 12 quinquies del decreto legge 8 Giugno 1992, n. 306 ed all’art. 7 Legge nr. 203/91.
Redazione Independent