“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Onore alla meglio gioventù
Le celebrazioni del 25 aprile: insieme studenti e Anpi. La storia del partigiano Pietro Bonetti, fucilato a Roma
CHIETI. STUDENT E ANPI ONORANO IL 25 APRILE. Gli studenti del collettivo “Rivolta l'Università” della D'Annunzio di Chieti si sono recati in Largo Martiri della Libertà per festeggiare il 25 Aprile, anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Insieme agli esponenti dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), alle formazioni politiche presenti e alla cittadinanza intervenuta, è stato ricordato il sacrificio dei partigiani caduti in queste terre, donne e uomini, spesso ragazze e ragazzi che decisero coraggiosamente di prendere la strada dei monti per liberare il loro paese dall'oppressione della dittatura. Una scelta coraggiosa, spesso pagata con la vita, ma affrontata con la consapevolezza di essere dalla parte giusta e la certezza della sua necessità.
LA FUCILAZIONE DI PIETRO BONETTI. Tra le persone che persero la vita per consentire a noi italiani di vivere in libertà e lontani dalla follia della guerra anche il partigiano Pietro Benedetti.
Nato ad Atessa (Chieti) il 29 giugno 1902 Bonetti, che di professione era ebanista, venne fucilato a Roma il 29 aprile 1944
11 aprile 1944
Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari e amati figli, forse io non sarò più fra i vivi. Questa mattina alle 7 mentre mi trovavo ancora a letto sentii chiamare il mio nome. Mi alzai subito. Una guardia aprì la porta della mia cella e mi disse di scendere che ero atteso sotto. Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva, mi prese su di una macchina e mi accompagnò al Tribunale di Guerra di Via Lucullo n. 16. Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l'ordine di rifare il processo. Così il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia condanna alla fucilazione.
Il giorno stesso ho fatto la domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d'addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli. Amatevi l'un l'altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell'amore per l'umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli. Siate umili e disdegnate l'orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita. Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.
Redazione Independent