“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Olè Telecom. Il colosso finisce in mani spagnole
Le multinazionali fanno shopping in Italia. Le responsabilità del Lider Maximo sulle privatizzazioni senza controllo
LE MULTINAZIONALI FANNO SHOPPING IN ITALIA E COMPRANO ANCHE LA TELECOM. Intendiamoci la cessione della Telecom alla spagnola Telefonica, per il tramite della holding Tenco, che controlla il colosso della telefonia italiana, non si può paragonare allo shopping che a prezzo di saldi di fine stagione le multinazionali straniere stanno facendo di aziende del Made in Italy. Comprare le grandi firme come Fendi, Gucci, Bulgari, Valentino, Brioni ecc. ecc. come hanno fatto i francesi certo pone seri problemi sindacali per la tenuta del livello di occupazione. E così pure non sono indolori le vendite di asset alimentari tipo Algida, Bertolli, Parmalat, Galbani, Invernizzi, Locatelli, Buitoni, San Pellegrino, Perugina. Ma con la vendita di pezzi dell'Ansaldo, della Telecom e anche se vogliamo dell'Alitalia, si realizza un salto qualitativo nelle dismissioni,perché stavolta si perdono aziende che svolgono un ruolo strategico nel nostro paese.
LA TELECOM CARICA DI DEBITI PASSA LA SPAGNOLA TELEFONIA DI CESAR ALIERTA. Nel caso della Telecom i gruppi di controllo, Generali, Intesa e Mediobanca non vedevano l'ora di liberarsi di un'azienda, con quasi 30 miliardi di debiti e che in sei anni ha accumulato perdite per 1,6 miliardi. Grillo in suo blog ha dichiarato che si tratta di "un disastro annunciato da saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane", facendone risalire la responsabilità alla privatizzazione avvenuta nel 1999 ad opera del governo D'Alema. Il governo "delle larghe intese" non sembra particolarmente preoccupato per il passaggio in mani straniere delle reti di telecomunicazioni di cui Telecom è proprietario monopolista. Letta mette le mani avanti precisando che "si tratta di una società privata", come a dire che i margini di manovra sono limitati per il governo. Ha anche scaricato le responsabilità sul leader Maximo facendo presente che "di tutte le privatizzazioni italiane non credo sia stato uno dei più grandi successi".
PER IL COPASIR LA PRIVATIZZAZIONE PONE PROBLEMI DI SICUREZZA NAZIONALE. Molto preoccupato invece si è mostrato il Copasir, il comitato per i servizi segreti, che ha dichiarato, per bocca del presidente Giacomo Stucchi, che il passaggio del controllo delle reti Telecom agli spagnoli " pone seri problemi di sicurezza nazionale, visto che la rete Telecom è la struttura più delicata del paese, attraverso cui passano tutte le comunicazioni dei cittadini italiani ed anche quelle più riservate". D'altra parte già l'ex presidente della Telecom Tronchetti Provera, responsabile secondo Grillo della completa spogliazione dell'azienda e definito dall'ex comico "tronchetto della felicità", era stato condannato in primo grado per ricettazione a 20 mesi per vicende collegate a intercettazioni illegali. Il governo avrebbe già da tempo dovuto varare il regolamento che introduce la golden share nelle telecomunicazioni. Lo stesso Catricalà, vice ministro per lo sviluppo economico, deve aver preso coscienza del ritardo con cui il governo ha affrontato il problema. Ha infatti dichiarato "per la verità è già da diversi giorni che stiamo lavorando a questo regolamento e a quello sulle strutture strategiche di carattere difensivo e di sicurezza", dimenticando di dire che la legge che introduce la golden share esiste dal marzo 2012, ma che è inapplicabile perché i decreti attuativi, non sono stati ancora varati né da questo né dal governo precedente.
L'ARRETRATEZZA IN ITALIA DELLA RETE DI TELECOMUNICAZIONI. Ammesso e non concesso che si riesca a tutelare la sicurezza del paese e la privacy dei cittadini che usano la rete, resta il problema della sua arretratezza, tanto che solo una minima parte dei concittadini può contare sulla banda larga nel nostro paese. Su scala mondiale siamo perfino dietro a molti paesi dell'Europa orientale e perfino dell'America Latina. E' difficile immaginare che Telefonica, che già di suo ha 50 miliardi di debiti che si vanno a sommare a quelli di Telecom per altri 29,9 miliardi, possa investire nella banda larga di cui abbiamo assolutamente bisogno. Resta la possibilità, che ovviamente non piace a Telefonia, dell'intervento della Cassa Depositi e Prestiti. L'ente, di proprietà pubblica che gestisce i depositi postali, previo lo scorporo della rete Telecom, potrebbe mettere il capitale necessario per costituire una società per la gestione della rete delle telecomunicazioni che punti sullo sviluppo della fibra ottica in Italia. Purtroppo Franco Bernabè, l'attuale presidente di Telecom Italia, ha messo le mani avanti raffreddando gli entusiasmi: ha infatti dichiarato che la cosa si può fare ma a condizione che "ci sia un incentivo forte sia per la società che nascerà che per quella che resta". A conti fatti scontiamo l' errore di aver privatizzato un settore strategico per l'Italia come del resto è strategico per tutti i paesi civili. Eppure nonostante che la privatizzazione della Telecom si sia dimostrata una pessima scelta, D'Alema, il presidente del consiglio che l'aveva approvata, insiste nel dichiarare che la " privatizzare fu scelta giusta" contro ogni evidenza.
Clemente Manzo