“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Numeri d'Abruzzo
Cinque anni di crisi nella terra di mezzo. Paghiamo una congiuntura sfavorevole e la ricostruzione dell'Aquila
LA QUESTIONE MERIDIONALE - Chi ricorda quale sia l'ultimo anno senza “effetto-crisi”, alzi la mano. Dopo aver fatto mente locale, eccolo! Era il 2007, cinque anni fa. Un anno dopo la nefasta congiuntura mondiale, nata negli Stati Uniti dove a dominare era un'economia finanziaria, a tutto discapito dell'economia reale, si abbatteva come una scure su tutti i Paesi fiaccando imprese, banche, lavoratori, famiglie e, quindi, PIL nazionali e regionali. Una recente analisi territoriale commissionata dal Sole 24 ore al Centro Studi Sintesi fa il punto su questi ultimi 5 anni, soppesando le regioni italiane in base ad otto indicatori: produttività, indice di imprenditorialità, propensione all'export, grado di apertura commerciale, brevetti europei, tasso di occupazione, sofferenze su crediti imprese, prestiti alle imprese. E il contesto nazionale appare, come al solito, abbastanza variegato, rimarcando la consueta divisione tra Nord e Sud che nulla ha a che vedere con le congiunture economiche negative di “ultima generazione”, ma, al solito, risponde ad un atavico divario/cliché. Fanalino di coda del Bel Paese, in termini di produttività, export, ecc. ecc., sono Calabria, Molise e Basilicata, regioni - a proposito di cliché - che già partivano in forte svantaggio non solo rispetto al Nord, ma anche rispetto alle “consorelle” meridionali. In pole position, invece, ci sono Liguria, Trentino Alto Adige, Lazio e Lombardia. Stupisce, in qualche modo, che la Liguria si stagli al primo posto assoluto (85,22% considerando il quinquennio 2007/2011) rispetto ad altre regioni notoriamente più avanzate e solide. Sta di fatto che tutti gli indicatori le fanno registrare encomiabili performance di dinamicità e reattività alla crisi rispetto al contesto nazionale (la media italiana è di 46,04%).
IL "CASO" ABRUZZO - L'Abruzzo è al 9° posto della classifica nazionale, con un ranking di performance del 44,63% che, però, va letto alla luce di un handicap che fortunatamente altre regioni non hanno dovuto registrare, nel frattempo: il sisma del 2009, che ha fortemente penalizzato non solo l'Aquilano, ma la regione in toto, che ha dovuto dirottare nella zona cratere economie ed energie di non poco conto. Ma vediamo nello specifico l'elaborazione del Centro Studi Sintesi su dati Istat, Banca d'Italia, European Patent Office e Infocamere. Per quanto concerne la Produttività (rapporto tra valore aggiunto e numero di addetti x 1.000), il valore assoluto è di 51,8 (22,4 l'indice 2011; 37,9 l'indice 2007/2011), su una media nazionale del 57,7: l'Abruzzo è al 13° posto nella classifica nazionale. Imprenditorialità (n. di imprese attive ogni 1.000 abitanti): l'Abruzzo è al 3° posto della classifica con il 99,1 il valore assoluto (90,4 l'indice 2011; 58,4 l'indice 2007/2011) contro una media nazionale dell'87,0. 3° posto nella graduatoria nazionale anche per i Brevetti europei (numero di brevetti ogni 10mila imprese): l'indice 2007/2011 registra un 74,6 contro il 36,9 della media nazionale. Propensione all'export: in termini di valore assoluto anche in questo caso la nostra regione si colloca sopra la media nazionale (24,3), registrando il 25,2% (rapporto tra export e valore aggiunto). Ancora: c'è il grado di apertura commerciale (somma import ed export/valore aggiunto), in cui l'Abruzzo registra un valore assoluto del 40,3% contro una media nazionale del 50,8; il tasso di occupazione (percentuale di occupati sulla popolazione da 15 anni in su), dove l'Abruzzo è poco al di sotto della media nazionale (42,5% contro 44,4%) e, per finire, i dati relativi a sofferenze su crediti imprese (rapporto % sofferenze e valore dei prestiti alle imprese), col 9,8% in Abruzzo, contro una media nazionale del 7,4 e quelli su prestiti alle imprese (valore medio in euro dei prestiti per impresa attiva): 123.557 euro, contro una media nazionale di 193.041 euro. Questi dati, aggregati in quel ranking regionale del 44,63%, disegnano un Abruzzo che, come e più di altre regioni, ha lottato strenuamente non solo per contenere la crisi (e i danni causati dal sisma e dal deficit sanitario), ma anche per trovare nuovi stimoli per la crescita e lo sviluppo. Un Abruzzo che comunque sia può vantare un notevole potenziale, stando ad un'altra autorevole fonte, il Bollettino Statistico del II semestre 2011 del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica del Ministero dello Sviluppo Economico.
NUMERI DEL SUD - “Numeri del Sud”, questo il titolo della pubblicazione semestrale, fa il punto su quei fattori da cui derivano la convenienza a vivere, a lavorare, a fare impresa in un dato territorio: servizi di cura per l’infanzia e per gli anziani, consumi di energia rinnovabile, turismo, famiglie e demografia, trasporto pubblico locale, gestione dei rifiuti urbani e del servizio idrico integrato. Servizi essenziali per i cittadini, dunque, i cui dati segnalano i percorsi di sviluppo delle regioni, raccontano l'andamento della finanza pubblica a livello locale e sono indice della qualità della vita delle regioni del Meridione, tra cui è annoverato anche l'Abruzzo. Alcuni di questi indicatori sono quelli che andranno a definire il raggiungimento o meno degli obiettivi del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, che vincola l’assegnazione di risorse finanziarie nelle regioni del Mezzogiorno proprio all'ottenimento degli standard minimi fissati nella Delibera CIPE 82/2007. Ora, questi dati, sebbene sottolineino le disparità esistenti tra il Sud e il resto d’Italia, come detto rimarcano che la nostra regione ha in sé tutte le potenzialità per progredire e lo sta già facendo. In termini di qualità della vita, insomma, le performance della nostra regione rispetto a quelle delle altre regioni del Sud, sono piuttosto lusinghiere. Ma, a conti fatti per descrivere l'Abruzzo tocca, ancora una volta, ricorrere alla facile locuzione “regione-cerniera”: quella che per molti aspetti si distacca da quel Mezzogiorno in affanno nel quale pure è collocata, ma al contempo stenta a raggiungere standard e performance di un Centro-Nord non necessariamente più dinamico, ma di certo più avanzato. L'Abruzzo è una terra di mezzo che paga il prezzo della doppia crisi e della doppia ricostruzione e forse attualmente non è, come nel recente passato, “modello di sviluppo per il Mezzogiorno”, ma di certo, numeri alla mano, è un encomiabile modello di resistenza, grazie alla forza e alla caparbietà di una popolazione che in tante occasioni sta dimostrando di saper trasformare le criticità in opportunità.
ALCUNE ECCELLENZE - Nel 2011 l'Abruzzo è al primo posto nella quota dei Comuni che hanno attivato servizi per l'infanzia e al primo posto (sesta regione in Italia) anche relativamente alla percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata (ADI) rispetto al totale della popolazione anziana. Ottima performance, anche rispetto a molte e “titolate” regioni del Nord, pure per quanto riguarda la percentuale di consumi di energia elettrica coperti da fonti rinnovabili, dove abbiamo già raggiunto il target 2013. Sulla spesa pubblica per la raccolta differenziata siamo in linea con le regioni limitrofe, ma abbiamo già migliorato le nostre performance rispetto agli anni scorsi. Certo, ci sono anche ambiti in cui si rilevano delle criticità, come sui Trasporti Pubblici locali, che però si collocano in un contesto più ampio di competenza non esclusivamente regionale. Ma c'è una importante considerazione da fare, in questa analisi tracciata dai freddi numeri: gli indicatori qui utilizzati sono, a ben vedere, quelli che riconducono alla cosiddetta “economia reale”, dove l'unico indice che ha davvero un senso è il benessere collettivo. E questo passa necessariamente attraverso il tenore di vita delle persone, attraverso i servizi e la mobilità sociale, l'assistenza sanitaria, la valorizzazione del capitale umano, il welfare. Perché la finanza, e la crisi economica mondiale lo ha bruscamente dimostrato, da sola non può governare, se non a discapito proprio del reale, del quotidiano, del collettivo. Ecco perché questi numeri vanno letti anche alla luce di un significativo ritorno alle origini, dove di certo il rating conta, ma la qualità della vita e il benessere sociale hanno un valore assoluto composto di tanti fattori non necessariamente quantificabili.
E probabilmente questo ci salverà da ogni crisi finanziaria.
«Ciò che ha un prezzo – scriveva il filosofo tedesco Immanuel Kant - può essere sostituito da qualcos’altro a titolo equivalente; al contrario, ciò che è superiore a quel prezzo e che non ammette equivalenti, è ciò che ha una dignità».
Floriana Riggio