Nessun colpevole per lo scandalo di Bussi: prescritti tutti i reati

Nessuno è responsabile per avere inquinato l'acqua, il cielo e la terra d'Abruzzo con 500mila tonnellate di veleni tossici. Rabbia alla lettura della sentenza

Nessun colpevole per lo scandalo di Bussi: prescritti tutti i reati

NESSUN COLPEVOLE PER LO SCANDALO DI BUSSI. Gli imputati, 19, quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison, accusati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale sono stati giudicati non colpevoli perchè, rispettivamente alle ipotesi d'accusa, il fatto non sussiste e per sopraggiunta prescrizione. E' questo il dispositivo della Corte d'Assise di Chieti letto, poco fa, dal presidente del collegio giudicante Camillo Romandini sulla mega discarica di Bussi sul Tirino. I pubblici ministeri del Tribunale di Pescara Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini avevano chiesto condanne dai 4 a 12 anni e otto mesi. Mentre ammontava ad un miliardo e 880 milioni di euro il risarcimento chiesto dall'Avvocatura generale dello Stato. "Voi dovete tenere la schiena dritta, perché fuori si invoca la forca", era stata la richiesta della difesa a giudici.

D'ALFONSO INVOCA IL RISARCIMENTO. Il presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, presente alle udienze finali del maxi processo sulla discarica dei veleni, oggi assente a Chieti per impegni romani, ha commentato la sentenza con grande amarezza. "Ho appreso la notizia della sentenza riguardante il processo per il disastro ambientale di Bussi. Il fatto che sia stato riconosciuto il disastro colposo - spiega il cittadino numero uno dell'Abruzzo legittima l’iniziativa per la Regione di attivare una causa civile per il risarcimento dei danni da parte di chi ha ridotto le acque e le terre dell’Abruzzo in queste condizioni".

LA SCOPERTA DEL MOSTRO TOSSICO. Nel 2007 un'indagine della Guardia Forestale di Pescara, su un esposto del Wwf Abruzzo, portò alla luce il mostro tossico sepolto nel suolo d'Abruzzo.Oltre 500mila tonnellate di veleni e rifiuti industriali, un'area grande quasi quanto 15 campi da calcio, erano nascoste in un terreno di proprietà dell'ex colosso della chimica italiana. L'iter processuale è stato lunghissimo complice la dichiarazione di incompetenza del tribunale di Pescara che due anni fa rimandò gli atti alla procura di Pescara, competente per territorialità, la quale dovette riformulare le accuse a carico degli imputati perchè, nel frattempo, era stato derubricato il reato di adulterazione delle acque. Oggi quei veleni sono ancora lì, a pochi chilometri dall'area urbana più grande d'Abruzzo, e continuano ad inquinare il nostro cibo, la nostra acqua, il nostro cielo e la nostra terra.

 

Redazione Independent