“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Latte sardo, elezioni, xylella e gelate
La miccia innescata dai pastori sardi sta coinvolgendo altri territori come la Sicilia, la Maremma e perfino l' Abruzzo: anche i produttori di olio chiedono contributi pubblici
Come ci ricorda De Filippo che “gli esami non finiscono mai”, allo stesso modo del protagonista della commedia, Guglielmo Speranza, il Governo gialloverde è sottoposto ad una continua serie di verifiche stressanti il cui elenco è impressionante. Dopo il voto in Abruzzo, quello che si terrà tra una settimana in Sardegna, quello in Piemonte e Basilicata (in coincidenza con quello per l’elezione del Parlamento Europeo), e poi, tra novembre e dicembre di quest’anno, quello in Calabria ed Emilia Romagna, tra gli altri esami urgenti, che stanno venendo al pettine, dagli esiti imprevedibili, c’è la vicenda della clamorosa protesta dei pastori sardi per il prezzo del latte di pecora corrisposto dagli industriali caseari agli allevatori (60 centesimi al litro), prezzo che non copre nemmeno i costi di produzione. Tanto che lo stesso Ministro delle Politiche Agricole Gianmarco Centinaio, rendendosi conto che “la situazione in Sardegna è diventata esplosiva”, cercherà tra oggi sabato 16 e domani di sbrigliare la matassa con una generosa immissione di denaro pubblico (quasi una cinquantina di milioni ripartiti tra governo, Regione e Banco di Sardegna) che dovrebbero servire a ritirare dal mercato gli ingenti stock di pecorino romano invenduto in modo da farne risalire il prezzo. Ma l’industria casearia non va oltre la cifra di 70 centesimi al litro che i pastori rifiutano con sdegno. Ecco in breve perché il Movimento dei Pastori Sardi ha fatto saltare il tavolo convocato ieri a Roma dal Viminale rinviando a oggi e domani la trattativa. Evidentemente non basta, come fa Salvini, dismettere la divisa da poliziotto, che tanti consensi gli ha procurato sotto il profilo elettorale, indossare una giubba da pastore sardo e proclamare che, entro 48 ore, avrebbe restituito “dignità e lavoro ai sardi”. Purtroppo per lui, in Sardegna, il problema è un tantino più complesso di quello di sgombrare un edificio occupato abusivamente o un centro di accoglienza di migranti o un campo Rom e poi “chi se ne frega”: quello che conta è l’effetto sui media. E non è nemmeno sufficiente buttare milioni di denaro pubblico per risolvere l’annoso problema che investe tutta la filiera, come si è fatto ai bei tempi delle quote latte quando lo Stato si faceva carico delle multe per le quote latte costantemente sforate dagli allevatori del Nord. La miccia innescata dai pastori sardi, per giunta, sta coinvolgendo altri territori come la Sicilia, la Maremma e perfino l’Abruzzo. Non solo ma sta anche dilagando in Puglia dove i produttori di olio chiedono contributi pubblici per le gelate e la Xylella che hanno fatto calare le stime produttive del 58% secondo la Coldiretti. Gli auguri al Governo Conte sono dovuti, ma come si è detto gli “esami non finiscono mai” e sono tali e tanti che fanno “tremar le vene ai polsi”.
Clemente Manzo