“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Into The Trump
La storia insegna che un esercito di milioni di persone incazzate ed impaurite è il presupposto ideale per il successo di un politico “radicale”
INTO THE TUMP. Sbaglia amaramente chi guarda con stupore l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump. Gli Stati Uniti, infatti, sono un paese sconfinato con delle potenzialità sicuramente uniche ma per molte cose sono ancora fermi al far-west. E’ forse uno dei posti migliori dove vivere se sei ricco o appartieni alle classi elevate ma è un inferno se si fa parte della classe media o povera. Ci sono grandi realtà e grandi pensatori ma si tratta di una piccolissima cerchia della popolazione il resto vive sottomessa in un contesto oserei dire di “propaganda” ed “ignoranza” ed il livello di istruzione medio non è affatto dignitoso. Donald Trump ha solo, dunque, portato in superficie la tensione che già esiste da diversi anni tra l’elite politico-culturale-economica ed i cittadini delle classi medio-povere che vedono ogni giorno a rischio i loro posti di lavoro e la loro sopravvivenza.
La storia insegna che un esercito di milioni di persone incazzate ed impaurite è il presupposto ideale per il successo di un politico “radicale”.
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se le donne e gli uomini delle strade del Texas, della Georgia o dell’Ohio, che risparmiano fino all’ultimo dollaro per mandare i figli a scuola e farli mangiare, che pagano l’affitto e che guardano disgustati, per 15 minuti scarsi, un notiziario abbiano scelto Trump al posto della Clinton. Questi americani (bianchi, neri o ispanici), non sono affatto tutti razzisti, classisti o maschilisti. Sono anche e soprattutto lavoratori onesti, contadini dabbene, disoccupati depressi e gente umile ed impaurita da un futuro buio che con il loro voto, e grazie a Dio che ancora gli è concesso, hanno voluto opporsi ai presunti esperti e dotti intellettuali e politici, che dai loro palazzi pontificano su cosa sarebbe giusto e cosa sbagliato fare per uscire da una crisi che non ha in alcun modo intaccato le loro vite e soprattutto i loro portafogli.
Certo è profondamente doloroso che si stato eletto Trump ma come biasimarli se l’alternativa era il ritorno alla dinastia dei Clinton. E’ lacerante il pensiero che con l’avvento del miliardario, dai capelli improbabili, si corra il rischio di giocarsi alcune delle libertà conquistate attraverso il tempo ed il sacrificio da molti uomini valorosi. E’ triste pensare che il magnate metterà fine alla riforma sanitaria voluta da Obama (Il grande sconfitto dal voto americano dopo Hillary) ma Donald Trump è soltanto il sintomo di un declino preoccupante della fiducia nelle istituzioni da parte del popolo americano e per quanto orribile appaia ai miei occhi la sua figura, meglio la sua elezione che una piatta vittoria di Hillary Clinton. L’elezione della moglie di Bill avrebbe rappresentato la resa incondizionata del popolo all’ establishment che da anni miopemente continua ad assecondare le politiche economiche delle multinazionali e delle banche di affari invece di preoccuparsi dell’interesse del popolo sofferente.
Quello che invece spaventa me e che le persone, della fascia medio-povera della popolazione, che hanno votato Trump lo abbiano fatto, non perché vogliano un cambiamento radicale della società americana, ma solo nella speranza che Lui plachi le loro paure. Questo voto non è , dunque, un tentativo di “rivoluzione” ma un tentativo nostalgico di “restaurazione” dell’America degli anni 80 del boom economico. L’elettore “trumpiano” vuole essere rassicurato e tornare al passato. Questo è il dramma. Non ha uno sguardo sul futuro, ma purtroppo indietro non si può più tornare.
Azzardando una previsione, dunque, penso che il popolo americano rimarrà nuovamente deluso anche da questo presidente. Ma il dramma più grande sarà se la classe politica (Repubblicana o democratica) americana, in questi quattro anni di presidenza, farà un semplice miserevole calcolo aritmetico-elettorale e quindi sposerà le politiche anti immigrati e populiste di Trump.
Sarebbe, invece, il caso che provassero a costruire delle alternative politiche e sociali nuove e dignitose a chi oggi vive le proprie insoddisfazioni personali, le proprie frustrazioni latenti. Bisognerebbe provare ad incanalare la rabbia oggi presente in larga parte della popolazione verso degli sfoghi “positivi” verso una nuova visione del mondo e della vita. Non credo che questo avverrà ma io rimango comunque fiducioso, infatti, come diceva il compianto poeta L. Cohen “C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.”
Francesco Mimola