“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
In memoria di Fabrizio De Andrè
Era l'11 gennaio 1999 quando il cantautore genovese ci ha lasciati: aveva solo 59 anni. Che perdita!
IN MEMORIA DI DE ANDRE'. Era l'11 gennaio del 1999 quando Fabrizio De Andrè ci ha lasciati a soli 59 anni sulla fine del primo millennio della nostra era. Le sue canzoni hanno influenzato in qualche modo non solo la mia generazione, quella che ha vissuto il '68 per intenderci, ma anche tutte le successive, e ne sono certo, influenzeranno anche quelle del secondo millennio.
Credo, che se oggi fosse vivo, sobbalzerebbe nello scoprire che le antologie scolastiche, accanto alle poesie di Ungaretti e Montale, pubblicano anche i testi delle sue canzoni.
L'autore di Via del Campo, Bocca di Rosa, il testamento di Tito, un Giudice, Il Pescatore ecc. che irridono alle gerarchie religiose e alla morale comune, si chiederebbe: "dove ho sbagliato?".
Lui, che si prendeva poco sul serio, certamente non si aspettava di finire tra i classici del 900. Parafrasando Croce, non senza una buona dose di ironia, diceva "tutti fino ai 18 anni scrivono poesie e da questa età in poi ci sono due categorie che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora io, prudentemente, mi sono rifugiato nella canzone, che in quanto a forme d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa".
Se penso alle opere e alla vita del cantautore genovese mi viene in mente una celebre frase di Charles Bukowski che diceva " Scrivere poesie non è difficile, difficile è viverle", nel senso che solo chi le vive profondamente e con coerenza può definirsi un poeta.
E De Andrè senza dubbio ha vissuto intimamente le sue canzoni piene di poesia.
Clemente Manzo