“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
In memoria di Alessandrini
Il 29 gennaio 1979 un commando di Prima Linea uccise il giudice che indagava sulla strage di Piazza Fontana
IN MEMORIA DI EMILIO ALESSANDRINI. Ci sono regole nella vita che non si possono cambiare. Ad esempio questa: se non hai mai letto un libro non importa quanto denaro hai in banca, sarai sempre una persona ignorante. Ce ne sono anche altre. Tipo quest’altra: se nella vita hai avuto il “dono” di avere avuto un padre “speciale” è molto probabile che, per il resto dei tuoi giorni - anche tuo malgrado - sarai costretto a fare i conti con un enorme peso morale (ed a comportati di conseguenza). Probabilmente per Marco Alessandrini, 42 anni, avvocato pescarese, volto limpido della società civile, tutto ciò è assolutamente irrilevante. Per un figlio il padre comunque lo si voglia qualificare, buono o cattivo, resta per sempre un punto di riferimento. Peggio se non hai avuto la possibilità di viverlo, se non per pochi anni o attraverso i racconti degli altri. Non avergli potuto chiedere un consiglio, ricevere da adulto una carezza nè condividere i momenti importanti (il diploma, la laurea, un matrimonio, la carriera). Persino i cuori di pietra, i bulli o i menefreghisti più cinici, in qualche indeterminato ed impreciso attimo, si trovano a fare i conti con la memoria del proprio papà. Dunque, proviamo ad immaginare come ci si possa sentire oggi, 29 gennaio 2013, quando le massime Istituzioni dello Stato italiano rendono il giusto tributo al tuo papà: il compianto giudice Emilio Alessandrini, brutalmente ucciso 34 anni fa da un commando di Prima Linea, perché impegnato in indagini scomode della storia del nostro paese (vedi: Piazza Fontana); e che poco prima di morire ti aveva accompagnato a scuola! Dunque, se è vero (poichè lo è) tutto quello è stato, ci risulta davvero difficile pensare diversamente. Un simile orgoglio, un simile peso morale, non possono essere dimenticati nè traditi proprio dal “sangue del suo sangue”. Già dal primo sguardo, quando lo incontri e colleghi la sua figura alla sua storia, capisci subito che dietro quegli occhiali “british”, quell’uomo misurato, c’è qualcosa di speciale che gli vive dentro. In Marco Alessandrini si leggono, nitide e limpide, l’onestà e la lealtà che furono del padre. Merci preziose e rare da incontrare specie tra chi fa politica, dove dietro ai sorrisi e le strette di mano si nascondono spesso torbidi segreti. Oggi, che ricorre l’anniversario del giovane magistrato originario di Penne - Emilio Alessandrini aveva 37 anni quando venne ucciso - il nostro pensiero va a quel figlio rimasto orfano e di cui il padre sarebbe orgogliosissimo.
IL RICORDO DEL PROFESSOR MIMOLA. Il Prof. Antonio Carlo Mimola è stato un grande amico del giudice Emilio Alessandrini. Erano compagni di classe al Liceo d'Annunzio di Pescara ed hanno continuato a frequentarsi fino agli ultimi giorni di vita. Malgrado sia ricoverato in ospedale a causa di un problema medico ha voluto, in questo giorno della memoria, ricordare l’uomo che è stato. «La morte del Giudice Alessandrini - racconta il professor Mimola - che ad alcuni può apparire come un evento colorato di eroismo, è un fatto, a ben vedere, che va compreso e collocato riflettendo bene sulla figura dell’Uomo Emilio, che mai avrebbe voluto essere ricordato come un eroe dei nostri giorni, bensì come un serio professionista. A noi, che abbiamo avuto la fortuna di essergli stati vicino, tocca ricordare la figura del caro amico e non quella del valoroso Magistrato. Emilio prima di tutto era un buon padre di famiglia e una persona affettuosa. Non dimenticherò mai le pacche sulle spalle che sapeva donarmi nei miei momenti di sconforto, sempre pronto a darmi un consiglio o un aiuto. Persona di un intelligenza unica e di un’ironia acuta divenne ben presto per molti di noi una figura di riferimento. Chiare le sue intuizioni circa il vero senso della vita e del duro cammino che, spesso faticosamente, si deve compiere per essere all’altezza delle proprie responsabilità. Questa sua visione della vita, la sua serietà, sono stati i valori dell’uomo Emilio che, in quegli anni bui del terrorismo, sono stati la condanna a morte del Giudice Alessandrini. Noi amici non lo dimenticheremo mai e continueremo a piangere per la sua dipartita e nello stesso tempo non smetteremo mai di ringraziarlo per l’eredità di amore, simpatia e autorevolezza che ci ha lasciato».
Marco Beef