In aumento la devianza giovanile in Abruzzo

L’analisi di Francesco Longobardi, psicologo, sui fatti di cronaca avvenuti di recente e sul fenomeno ‘baby gang’

In aumento la devianza giovanile in Abruzzo

Gli ultimi episodi di omicidi e vittime minorili, aggressioni, la ricerca del guadagno facile dei giovanissimi deve attirare l’attenzioni di tutti. Quando si parla di nuove generazioni, è ormai sempre più diffuso il concetto di devianza giovanile. Più precisamente, in sociologia, si definisce devianza ogni atto o comportamento di una persona o di un gruppo che viola le norme di una collettività e di conseguenza va incontro a forme di sanzione, condanna o discriminazione; l’aggettivo “giovanile”, invece, è riferito al periodo adolescenziale in cui il ragazzo vive la ricerca della propria identità come un’equilibrista tra la devianza e la normalità, tra il pericolo e le regole. In tale scenario, si diffondono alcune forme di devianza che vedono i più giovani diventare autori di reati contro i coetanei e sviluppare un comportamento reiterato aggressivo e violento: il bullismo, il cyberbullismo e il fenomeno delle baby-gang.

Il fenomeno delle baby-gang

Con il fenomeno delle baby-gang, indichiamo una banda di giovanissimi responsabili
di azioni di microcriminalità; così i mass media parlano sempre più di baby gang quando riportano episodi di furti ed aggressioni attuati da gruppetti di adolescenti a danno dei loro coetanei. Se si analizzano le caratteristiche di questi gruppi giovanili si scopre facilmente che, in realtà, non si tratta di bande. Infatti sono privi delle caratteristiche tipiche di una gang, come ad esempio una struttura gerarchica definita, regole di condotta, una buona coesione tra i membri ed il controllo del territorio: “Quindi, anche se tra i giovani italiani la devianza di gruppo è molto frequente, non si può parlare, però, di vere e proprie gangs, così come sono presenti in altri paesi come negli Stati Uniti. Il bullismo o il riunirsi di adolescenti in baby gang è, pertanto, la risultante di un  insieme di azioni che spesso sono persistenti e mirano deliberatamente a fare del male e/o a danneggiare chi ne rimane vittima. Alcune azioni offensive avvengono attraverso l’uso delle parole, per esempio minacciando od ingiuriando; altre possono essere commesse ricorrendo alla forza o al contatto fisico: schiaffi, pugni, calci o spinte. In altri casi le azioni offensive possono essere condotte beffeggiando pesantemente qualcuno, escludendolo intenzionalmente dal proprio gruppo. In Italia, come appena specificato, non è ancora largamente diffuso il modello tradizionale delle baby-gang, ma riscontriamo un fenomeno di condotte violente che coinvolge molte realtà giovanili e che aumenta il rischio dei più giovani di precipitare in uno schema avanzato e complesso come quello sopra descritto, che nell’ultimo periodo sta attanagliando l’Abruzzo.

Conclusioni


A fronte delle definizioni date finora, è sempre bene ricordare che famiglia, scuola e altre agenzie educative devono essere coinvolte nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno al fine di anticipare determinate dinamiche e fungere da strumento esemplificativo per le future generazioni. E’ necessario intervenire allo scopo di incrementare, in tutti i ragazzi, l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni dell’altro, in questo caso della vittima, per evitare di compromettere una fase di vita e il futuro di personalità più fragili e sensibili. Anche gli stessi bulli, inoltre, per mettere in atto tali condotte, condividono un vissuto di sofferenze e mancanze tali che avrebbero bisogno di un personale e preciso percorso di supporto e aiuto psicologico. Sensibilizzare circa tali fenomeni, dunque, pone l’accento sull’importanza della prevenzione partendo da un contesto coeso di società che si unisce al fine di lasciare un’eredità solida alle prossime generazioni di giovani. Un’eredità in cui i ragazzi si sentano più liberi di esprimere le proprie emozioni senza paura di essere derisi, siano più in grado di gestire le frustrazioni e abbiano la possibilità di accedere alla rete di professionisti in grado di aiutarli senza che questo diventi fonte di vergogna. Un’eredità, dunque, che va necessariamente.

Dott. Francesco Longobardi