In Abruzzo 2.388 imprese a rischio infiltrazioni mafiose

Una clamorosa indagine della CGIA di Mestre rivela il pericolo che sta correndo l’economia abruzzese

In Abruzzo 2.388 imprese a rischio infiltrazioni mafiose

Il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. E’ quanto emerge da un’indagine effettuata dalla Cgia di Mestre e diffusa oggi. Il fatturato dell’industria del crimine – spiegano all’ufficio studi della Cgia di Mestre – risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi).

Un dato, è stato spiegato, certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.

In virtù dei dati – spiega la Cgia di Mestre – in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Guardando ai dati regionali e alla classifica pubblicata, in Abruzzo sono 2.388 le imprese a rischio infiltrazioni mafiose. Nella graduatoria per province Pescara è al 42mo posto in Italia con 843 imprese a rischio, seguita da Chieti (52mo posto) con 647 imprese, Teramo (67mo posto) con 505 e L’Aquila (76mo posto) con 407. Negli ultimi 10 anni (2013-2023) sono cresciute del 51,3% le denunce di estorsione. In questa graduatoria è Teramo la prima provincia abruzzese (20mo posto) con un +132,0% di denunce. Chieti è al 36mo posto con +96,8%, a seguire infine L’Aquila, al 73mo posto e Pescara al 95mo posto. 

Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane. A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità. In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34% delle imprese a rischio.

Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate dalla malavita, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket – ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato – è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata.