“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Il video della performance di Deborah De Robertis al D'Orsay
Sulle note dell'Ave Maria di Schubert davanti all'Origine du Monde di Gustave Courbet l'artista apre le gambe e mostra il proprio sesso agli astanti ed alla telecamera
Sulle note dell'Ave Maria di Schubert, tra le sale del Musèe d'Orsay di Parigi, davanti all'Origine du Monde di Gustave Courbet, una giovane donna siede a terra, alza la gonna, apre le gambe e mostra il proprio sesso agli astanti e alla telecamera. Avvolta in un abito dorato, poco trucco, viso pulito ed emozionato di chi sfida il mondo con la sicurezza di essere tra i giusti. Di fronte a turisti attoniti prima ed entusiasti poi, e allo sconcerto del personale del museo, Deborah De Robertis, artista lussemburghese trentenne, dopo essere passata sotto le forche caudine della stampa francese è ora chiamata a rispondere di atti osceni in luogo pubblico per la sua performance "Lo specchio dell'origine". Un'abile mossa promozionale o gesto artistico pregno di significato? Sicuramente la scelta di mostrarsi davanti al dipinto di Courbet, raffigurante una vagina non è casuale. Opera del 1866, destò scalpore in quanto il nudo non veniva giustificato da scenari mitologici o compreso in suggestioni letterarie; la descrizione realista dei particolari anatomici di una vagina in primo piano tuttavia non relega il dipinto sul piano pornografico. Seduzione, erotismo, languida serenità balenano insieme dalla tela catturando ipnoticamente lo sguardo dell'osservatore.
La performance "Lo specchio dell'origine" non tradisce lo spirito di Courbet e se ne fa ideale prosecutrice. Un richiamo al matriarcato nel quale l'artista si fa dea, tableau vivant, incarnazione di fertilità ed armonia: l'organo sessuale si rivela come fonte di vita e piacere. Courbet aveva bene inteso la lezione dell'estetismo - l'arte come imitazione della vita e non il contrario- ed aveva concentrato nella descrizione anatomica parole, filosofia, sentimento sacrale ed allo stesso tempo provocazione nei confronti della pittura accademica e le convenzioni del Secondo Impero. Pur non essendo un unicum - basti pensare alla performance bolognese "Memorabilia" di Marina Abramovich in collaborazione con l'artista e suo campagno Ulay o a Uwe Max Jensen in quel di Copenaghen nella rievocazione della decapitazione situazionista della statua simbolo della Danimarca - l'happening della De Robertis ci pone nuovamente davanti ai limiti contraddittori della morale occidentale.
Strano mondo quello di oggi, nel quale i media ci bombardano esponendo con malizia corpi di donna e uomo, nel quale siti come You porn risultano tra i più cliccati ma che giudica la performance dell'artista lussemburghese "ginecologica e violenta" forse perchè va a colpire corde ancestrali, archetipi basici sepolti sotto strati di ipocrisia e negazione patriarcale che per secoli hanno voluto togliere potere alla sacralità del corpo femminile, facendone strumento luciferino prima o sinonimo di arrendevole debolezza poi, per terminare con le mute e sorridenti icone alla Antonio Ricci dei nostri giorni.
Guarda il video della performance di Deborah De Robertis a Parigi qui
Teresa Scarinci