“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Il sogno è finito per tutti
Cosa accadrà dopo le elezioni americane? La vittoria di Trump quali ripercussioni avrà sul mondo? Come contrastare i meccanismi globalizzati?
COSA SUCCEDERA' ADESSO? E’ una delle domande che, dopo le elezioni americane, mi è capitato di sentire più volte. Per tentare di rispondere a questa domanda, tra le più affascinanti e difficili che ci siano perché ci obbliga a guardare al domani, a mio avviso dobbiamo tornare ad analizzare il passato senza preconcetti e lucidamente in modo da avere almeno le basi per tentare di azzardare il futuro. Inoltre questa domanda, soprattutto se è volta nel campo politico-economico o storico, “non si fa mai partendo da un argomento solo” diceva Bobbio, ma si fa come “Un avvocato in Tribunale che accanto all’argomento principale ve ne pone uno in via subordinata ed un altro in via incidentale”.
Per verificare cosa comporterà la vittoria di Trump nel nostro futuro e le influenze che avrà su di noi in Europa io provo, quindi, a partire da tre argomenti che storicamente per me sono incontrovertibili:
In primis l’Europa, per varie ragioni, è soggetta a subire serie ripercussioni dagli avvenimenti di politica americana in quanto continuiamo ad essere, insieme in particolare al Giappone ed il Canada, un rimorchio dell’impero Statunitense. (C’è stato, storicamente, un tentativo di affrancamento, ma la verità e che il nostro sogno di sciogliere la dipendenza dagli americani si è spenta per diversi ragioni che non è il caso qui di elencare). Chi dice, dunque, che a noi non dovrebbe molto interessare di quello che “succede là”, noi “siamo già abbastanza incasinati di qua” non ha a mente la stretta dipendenza che ci vede legati a doppia mandata alle politiche economiche e di politica estera che Trump si accingerà a compiere.
Il secondo dato storico e che gli Stati Uniti, nonostante l’immaginario collettivo occidentale pensi il contrario, è una potenza in declino ed ha perso potere su gran parte del mondo. Hanno certamente ancora la forza militare più possente del mondo e svolgono attività di spionaggio in ogni luogo del pianeta (sul tema per chi sia interessato a giorni uscirà un bellissimo film di Oliver Stone relativo al caso Snowden) ma non hanno più la forza di intervenire militarmente in tutti i luoghi del cosmo dove vedono minacciati i loro interessi economici. Detengono ormai solo una fetta piccola dell’economia mondiale e sono, anche loro, ostaggio di una finanza che negli ultimi anni riesce sempre più spesso ad intervenire ed influenzare la classe politica. Quindi Trump, per quanto possa sembrare bizzarro e si professi nazionalista, non scalfirà in alcun modo il cartello delle multinazionali che posso in un giorno far cadere il suo governo minacciando la fuga dei loro capitali.
E qui veniamo al terzo punto, l’argomento “principale “ dell’analisi: Tutte le società in declino storicamente hanno visto primeggiare la finanza sula politica. Basti vedere la Spagna del secondo cinquecento o l’Inghilterra vittoriana. Cosa cambia, però, oggi rispetto al passato? Che la finanza, anche grazie alle recenti scoperte tecnologiche ha sconfitto la geografia, è diventata apolide e non più collocabile in un luogo preciso. Inoltre non si accontenta più, come sempre ha fatto anche nel recente passato, di intimidire, ricattare e manipolare gli uomini di tutti i colori politici per raggiungere i loro scopi economici. Oggi, per via della recessione economica che attanaglia in particolare le classi medie dei popoli occidentali, stanno tentando di salire direttamente nelle cabine di comando (al momento che io scrivo è verosimile che al ministero del Tesoro del governo Trump andrà Steve Mnuchin, ex di Goldman Sachs la banca che con la vendita di titoli tossici subprime ha fatto partire la Grande recessione del 2008) e per poterlo fare hanno bisogno di sconfiggere la Politica intesa “come partecipazione consapevole dei cittadini al governo”.
Le democrazie occidentali moderne esistono da un periodo sufficientemente lungo perché questa élite di ricchissimi uomini di affari (un 1% che detiene il 50% della ricchezza mondiale) non abbia appreso come sovvertirle senza spargimento di sangue. Essi, approfittando del loro smisurato potere economico, si sono posti tre obiettivi necessari ai loro scopi:
1) svilire la classe politica, e ciò avviene in due modi: Prendiamo ad esempio l’Italia, da noi si sta cercando di svalutare sempre più le nostre istituzioni, in particolare il parlamento che ha il potere legislativo e poi impedendo che la selezione della classe politica avvenga dal basso (le modifiche delle leggi elettorali degli ultimi anni sono volte sempre più ad impedire il voto diretto del cittadino al candidato e lo costringono a scegliere in una disputa interna organizzata dall’alto). Emma Goldam (instancabile rivoluzionaria e anarchica russo-americana) amava dire già agli inizi del 900 che “Se il voto cambiasse qualcosa, sarebbe illegale”. Oggi si potrebbe affermare invece che il voto è una libertà troppo pericolosa che, non essendo possibile vietare almeno nelle democrazie “occidentali”, va almeno ridotta al minimo sindacale.
2) diffondere l’apatia negli elettori rendendoli talmente schifati da chi li governa da farsi che molti di loro non si avvicinino neanche per scherzo ad un seggio elettorale. Negli anni Cinquanta il politologo Seymour Lipset sosteneva che “E’ possibile che il non-voto sia oggi, almeno nelle democrazie occidentali, un riflesso della stabilità del sistema una prova della soddisfazione dell’elettorato per lo stato delle cose”. La vittoria di Trump (il 55% degli aventi diritto al voto si è recato alle urne, dunque il nuovo inquilino della Casa Bianca è stato eletto da ¼ dei cittadini americani) è un ulteriore segnale che il non-voto pur continuando a garantire la stabilità del sistema ha una base diametralmente opposta a quella analizzata da Lipset ossia l’in-soddisfazione “dell’elettorato per lo stato delle cose”. I ritornelli del votante medio di entrambi i lati dell’Atlantico, infatti, sono sempre gli stessi: “I governanti sono tutti corrotti” che “qualsiasi politico votassero comunque non cambierebbe niente” e soprattutto sempre più spesso accade sentir dire che “io non ci vado a votare tanto non serve a niente”.
3) generando rabbia e paura nei cittadini, anche attraverso l’ausilio dei mass-media, verso le centinaia di milioni di persone che tentato di sfuggire dalla povertà assoluta in vari angoli del mondo. Infatti a man mano che il progetto di globalizzazione sta mostrando il suo lato oscuro e in Occidente sta svanendo la classe media con una forte riduzione anche dei diritti della classe operaia sempre più queste persone stano montando la propria rabbia verso “l’invasione” dello straniero che “ci viene a rubare i posti di lavoro, che ruba e stupra le nostre donne”.. Purtroppo per ignoranza e compiacenza a mio avviso dei mass-media c’è oggi questa dura lotta tra “poveri”. Anche qui dovrebbe sovvenire in aiuto la storia che ci ha mostrato più volte come, nei periodi di crisi, la lotta del povero contro il povero garantisca la tranquillità sociale e quindi come si tenta di alimentarla per gestire le frustrazioni degli ultimi verso i loro pari ma non verso chi li dirige. Questa rabbia e questa paura vengono usate per avere il beneplacito del popolo ad azioni aggressive ed autoritarie che alla lunga prima colpiscono “l’Altro” per poi ritornare a colpire come un boomerang “noi” .
Come contrastare questi meccanismi globalizzati? Non è facile il passaggio dalla descrizione alla prescrizione. Dall’analisi politica a come dovrebbero andare invece le cose. Io penso e credo che bisogna ripartire, almeno per quel che riguarda l’Italia, dalla nostra bellissima Costituzione- che è nata dal compromesso delle tre culture liberale, cattolica e socialista- e soprattutto iniziare a dare una sostanza in particolare all’articolo 3 che stabilisce che si dovrebbero “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”Ma anche e soprattutto smettere di credere, e questo vale un po’ in genarle per tutti i paesi, che il carisma personale di un leader, si possa chiamare Obama o Renzi o Trump o Mandela in Sud Africa, possa scalfire l’elitè economica e le politiche economiche fin qui descritte. Un cambiamento radicale delle cose non può essere negoziato da nessun singolo individuo può solo essere imposto solo da un cambiamento radicale dei popoli occidentali chiamati ad una prova di impegno pacifico e di disobbedienza civile in modo da tornare a fare la storia e non subirla.
Francesco Mimola