“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Il sacrificio inutile nella piccola Stalingrado d'Italia
Ad Ortona nel 1943 una delle battaglie più feroci della II° Guerra Mondiale. Un cimitero con 3mila morti ricorda la follia di Hitler
SONO TRASCORSI 70 ANNI DA QUELL'INUTILE BAGNO DI SANGUE DI ORTONA DEL 1943. Molte sono le testimonianze dell'ultima guerra mondiale che ancora permangono in Abruzzo, la regione che fu attraversata dalla linea Gustav tra il 43 ed il 44 e che dette vita al primo nucleo di partigiani che si è formato in Italia: la brigata Maiella del comandante Troilo. Oltre alle casematte che ancora oggi si rinvengono nei rilievi abruzzesi, due cimiteri sulla costa in particolare, stanno lì a ricordarci gli orrori della guerra. Il primo lo si incontra risalendo l'adriatica poco dopo Vasto, alla foce del Sangro. E' un cimitero di guerra inglese, il più grande dopo quello di Cassino, che ospita 3.000 tombe di soldati morti sulla linea Gustav. Proseguendo poi verso nord, a 4 km. circa da Ortona, la SS 16, all'altezza di una curva, un altro cimitero di guerra ci si para davanti: quello canadese. Lì sono sepolti circa 1400 soldati canadesi, 40 neozelandesi e 15 sudafricani, morti nell'inutile tentativo di sfondare la linea di difesa Gustav, nel punto più difficile, come hanno dimostrato gli storici, cioè nel vertice est della linea di difesa tedesca che da Ortona. attraverso l'appennino, arrivava a Cassino.
LA BATTAGLIA DI NATALE CHE COSTO' LA VITA A MIGLIAIA DI MILITARI E CIVILI. Dal 6 dicembre del 43 fino al 4 gennaio del 44, la cittadina adriatica fu messa a ferro e fuoco e rasa al suolo dai canadesi che spararono oltre 1.200.000 proiettili di artiglieria sulla cittadina. I tedeschi, che minarono gli edifici e riempirono le strade di mine, erano decisi a difendere Ortona ad ogni costo perché così voleva il III Reich di Hitler. Nei giorni di Natale si combattè tra le macerie corpo a
corpo, tanto che i canadesi, per conquistare Ortona, dovettero dare la "caccia al topo", come dissero allora. Quella inutile battaglia costò la vita, oltre che ai soldati canadesi, neozelandesi e sudafricani, anche a 800 militari tedeschi e decine di civili. Questo è stato il tragico bilancio delle vite umane inutilmente sacrificate ad Ortona, la città insignita della medaglia d'oro al valor civile. I canadesi hanno dovuto stanare i cecchini tedeschi combattendo casa per casa, dove si erano asserragliati tra le macerie, anche all'arma bianca.
IL SACRIFICIO INUTILE DELLA "PICCOLA STALINGRADO". Per questo motivo Ortona è stata definita "la piccola Stalingrado", con la differenza che a Stalingrado i nazisti persero la guerra sul fronte orientale, mentre ad Ortona ci fu solo un inutile bagno di sangue frutto di due opposte e perverse logiche militari. Da una parte il generale Montgomery, comandante della campagna militare sulla costa adriatica, scatenò quell'offensiva solo per mostrare agli alleati sovietici con quanta determinazione gli inglesi ed i loro alleati, erano decisi a sfondare sul quel fronte. E' provato infatti che a seguire le operazioni belliche, erano presenti degli osservatori inviati da Stalin. Anche il feldmaresciallo Albert Kesserling, dall'altra parte del fronte, era dello stesso parere. Ebbe infatti a dichiarare "Noi non desideriamo difendere Ortona in modo decisivo, ma gli inglesi l'hanno fatta apparire importante come Roma". Kesserling però dovette sottostare all'ordine emanato dallo stesso Hitler secondo cui Ortona doveva essere difesa "fino all'ultimo uomo".
DAL PORTO DI ORTONA FUGGI' PRECIPITOSAMENTE IL RE. Proprio da Ortona,per una curiosa coincidenza che talvolta la Storia ci sottopone, Vittorio Emanuele III fuggì in tutta fretta dopo l'armistizio. C'è una targa sul porto di Ortona messa dall'A.N.P.I. l'associazione dei partigiani d'Italia che ci ricorda il vile evento: Da questo porto la notte del 9 settembre 1943, l'ultimo Re d'Italia fuggì con la corte e con Badoglio consegnando la martoriata patria alla tedesca rabbia. Ortona repubblicana dalle sue macerie e dalle sue ferite grida eterna maledizione alla monarchia dei tradimenti del fascismo e della rovina d'Italia anelando la giustizia dal popolo e dalla storia nel nome santo di Repubblica.
Clemente Manzo