“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Il mistero dell'omicidio di John Fitzgerald Kennedy
Cinquant'anni fa l'assassinio del presidente Usa. La commissione Warren: ucciso da una sola persona
50 ANNI FA L'OMICIDIO DI JOHN KENNEDY A DALLAS. A 50 anni esatti dall'omicidio di John Fritzgerald Kennedy, ancora oggi un fitto mistero avvolge la morte del presidente americano divenuto un mito nel paese d'oltre oceano. La tesi della commissione Warren secondo cui, responsabile dell'omicidio sarebbe stata una sola persona, Lee Oswald, considerato un fanatico castrista, fa acqua da tutte le parti. Diverse sono le prove che dimostrerebbero che a sparare non fu un solo uomo, per cui la tesi della commissione Warren, che ha addossato tutta la responsabilità a Lee Oswald, è messa fortemente in discussione. Lo stesso Oswald, il capro espiatorio predestinato,che si è dichiarato innocente, è stato a sua volta assassinato due giorni dopo da Jack Ruby, un losco personaggio legato alla mafia italo-americana, che aveva dichiarato di aver commesso l'omicidio per motivi patriottici. Anche Jack Ruby morì poi di uno strano cancro fulminante. Così pure la morte del fratello di John, Robert Kennedy, favorevole alla politica di integrazione razziale, assassinato nel 1968, resta un mistero che difficilmente sarà chiarito.
DOPO MEZZO SECOLO LA VERITA' E' ANCORA AVVOLTA DAL MISTERO. Per i fautori della teoria del complotto, recentemente ritenuta possibile anche da John Kerry, l'attuale segretario si stato americano, oltre che da molti ricercatori, dietro l'attentato c'è la lunga mano degli spioni americani in combutta con la mafia. Lo stesso vicepresidente Lyndon Jonshon, i responsabili del tempo di FBI e della CIA Edgard Hoover e Allen Dulles e perfino Bush padre, secondo quanto affermato da Roger Stone, braccio destro di Nixon, anche lui coinvolto, avrebbero avuto un ruolo nell'omicidio di JFK.
Il procuratore di New Orleans Jim Garrison, condusse una seria inchiesta che lo portò a confutare di sana pianta il rapporto Warren, redatto da una commissione infarcita di personaggi sospetti vicino ai servizi segreti e ai vertici militari. Partendo da un'indagine su Lee Oswald scoprì che questi era collegato a reduci cubani e ad ambienti spionistici vicini all'FBI. John, nel corso dei poco più di
mille giorni di presidenza, ebbe modo di crearsi molti nemici a cui la morte di JFK fece senz'altro comodo, come la mafia, la CIA, l'FBI, i produttori di armi, le forze militari, la destra razzista ecc. ecc..Il mito di Kenndy, tanto venerato negli USA, ultimamente è stato messo in discussione da diversi studiosi che hanno giudicato la sua politica debole, talvolta compromessa e perfino avventuristica come la crisi cubana ha dimostrato.
ICH BIN EIN BERLINER. JFK sarà ricordato, per alcune vicende che scossero il mondo, quando a capo dell'altra super potenza, l'impero sovietico, c'era Nikita Krushiev. Kennedy, da circa tre mesi eletto presidente, avallò il tentativo della Cia di rovesciare il regime cubano, che aveva organizzato
uno sbarco di mercenari ed esuli cubani nella Baia dei Porci nell'aprile del 1961, tentativo che fallì miseramente e che procurò parecchie inimicizie a Kennedy. Tuttavia si deve alla sua capacità di grande comunicatore, la costruzione del personaggio mitico che ha ispirato i successivi presidenti americani come Clinton e lo stesso Obama. Celebri sono state alcune sue frasi come quella pronunciata il 20 gennaio del 1961 durante il discorso inaugurale del suo mandato "Non chiedete cosa possa fare il paese per voi. Chiedete cosa potete fare voi per il paese". Oppure come quella pronunciata ai cittadini Berlino, divisa dal famigerato muro, in segno di solidarietà "Ich bin ein Berliner". Frase questa che deve aver ispirato Berlusconi, altro grande comunicatore, quando nel 2011, visitando Lampedusa meta di numerosi sbarchi clandestini disse "ho comprato una villa qui ora sono lampedusiano anch'io".
IL BLOCCO NAVALE ORDINATO DA JFK DI CUBA ED IL RISCHIO DI UN CONFLITTO NUCLEARE. Il tentativo di sbarco alla Baia dei Porci, indusse il politburo sovietico a fornire a Fidel Castro missili con testate nucleari a difesa dell'isola caraibica. Contrariamente a quanto Krushev riteneva, Kennedy, immediatamente pose un blocco navale a Cuba per evitare che le navi sovietiche potessero scaricare i missili con gittata fino a 3.500 km in grado quindi di colpire gli USA. Dal 27 ottobre del 1961 e per 16 giorni, il mondo corse il rischio di un conflitto nucleare su scala planetaria. Le opzioni dei militari USA andavano dall'attacco immediato di Cuba, dalle conseguenze incalcolabili, al blocco navale, ipotesi questa che per fortuna prevalse. La tensione raggiunse il massimo il 27 ottobre, quando nelle acque internazionali vicino a Cuba, venne individuato da alcune cacciatorpediniere americane, la presenza un sommergibile sovietico che fu fatto oggetto di lancio di ordigni esplosivi. Il comandante del sommergibile, dotato di missili nucleari, era sul punto di far partire una controffensiva dalle conseguenze catastrofiche, convinto che il conflitto nucleare fosse già scoppiato. Ci fu una drammatica discussione tra il comandante ed altri ufficiali tra cui Vasili Arkhipov che alla fine convinse il comandante Savitskij ad emergere essendo la scorta di ossigeno ormai quasi esaurita senza lanciare missili. JFK raggiunse l'obiettivo di eliminare i missili da Cuba, Castro e Krushev ottennero l'impegno formale che l'isola non sarebbe più stata invasa. Ma l'umanità intera deve la sua sopravvivenza né Kennedy e né a Kruschev, ma all'ufficiale sovietico che si era reso conto del grave pericolo e che pagò poi con la morte il suo coraggio essendosi anche esposto alle pericolose radiazioni del sottomarino russo.
Clemente Manzo