Il "caso" Errani imbarazza il PD. Anche in Abruzzo si rischia il voto

Il governatore dell'Emilia Romagna era stato assolto in primo grado: in Appello la condanna ad un anno e le inevitabili dimissioni. D'Alfonso: «Se condannato mi dimetto»

Il "caso" Errani imbarazza il PD. Anche in Abruzzo si rischia il voto

IL "CASO" ERRANI IMBARAZZA IL PD. ANCHE IN ABRUZZO SI RISCHIA IL RITORNO ALL'URNA. La vicenda del governatore della Regione Emilia Romagna Vasco Errani (PD) che si è dimesso dopo essere stato condannato in Appello ad un anno e due mesi per falso ideologico non può non avere ripercussioni politiche anche in Abruzzo visto il caos che sta suscitando negli ambienti "democrat".

Luciano D'Alfonso, Primo Cittadino degli abruzzesi, è infatti ancora coinvolto nel processo Mare-Monti per un presunto concorso esterno in falso ideologico - lo stesso reato di Errani - per una relazione idrogeologica nell'ambito della "grande incompiuta" tra Pescara-Penne, un'opera pubblica costata 6 milioni di euro ma interrotta, poco dopo l'inizio dei lavori, per un ricorso ambientalista sul perimetro della Riserva naturale di Penne.

Su "Big" Luciano, però, pende anche una noia giudiziaria più grossa: cioè il secondo grado di giudizio dell'inchiesta Housework, una vicenda che ha visto il politico di Manoppello e tutti gli altri imputati assolti da 56 capi di imputazione per ipotesi di reato infamatissime quali l'associazione per delinquere e la corruzione.

Già durante la campagna elettorale l'opposizione - e anche parte della maggioranza nemica di Mr.32mila preferenze (tante D'Alfonso ne aveva prese alle primarie) - aveva sollevato la questione della Carta di Pisa alias "Codice etico per promuovere la cultura della legalità e della trasparenza negli enti locali". Si tratta di un documento recepito dallo Statuto del Partito Democratico che precisa principi e obblighi di trasparenza, legalità, diligenza, correttezza e imparzialità che qualifica l'esercizio della funzione pubblica da parte degli amministratori sindaci, presidenti di provincia, assessori, finanche ai Governatori di Regione.

La questione "morale", più che quella statutaria, aveva infatti caratterizzato la bollente campagna elettorale di Luciano D'Alfonso, sin dalle primarie. Lui stesso, messo alle strette dalla stampa, aveva dichiarato dopo aver ottenuto la vittoria contro gli altri candidati del centosinistra alla Presidenza: "Se verrò condannato mi dimetterò".

Ora il "caso" Emilia Romagna ha aperto un precedente dal quale è impossibile sottrarsi, a meno che l'intero Partito Democratico non voglia perdere la faccia. E se la vicenza giudiziaria di Luciano D'Alfonso dovesse prendere la piega meno garantista - che non è un'ipotesi inverosimile - l'anno prossimo, cioè a meno di 12 mesi dalla sua elezione a Presidente di Regione, ovvero al 30 ottobre 2014 - quando verà giudicata la posizione di D'Alfonso per Mare-Monti - l'Abruzzo potrebbe già conoscere il suo destino: cioè quello di tornare ancora una volta a votare. Senza D'Alfonso, naturalmente.

Il Sub

 

Redazione Independent