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I giudici: "Lusi non andava espulso", Pd condannato
L'ex senatore marsicano fu accusato nel 2012 di essersi appropriato indebitamente di 13 milioni di euro dalle casse della Margherita
LUIGI LUSI NON ANDAVA ESPULSO. Scoppia il caso sulla vicenda politica dell'ex senatore abruzzese Luigi Lusi. Secondo i giudici del Tribunale di Roma, infatti, l'ex parlamentare non andava espulso dal Pd. La vicenda si conclude dopo dopo 3 anni dalla contesa tra l'ex tesoriere del partito di Francesco Rutelli e il Partito Democratico. Dopo la vicenda giudiziaria riguardante i fondi della Margherita e la conseguente espulsione del senatore Lusi, lui si era infatti appellato e il tribunale di Roma ora ha condannato il partito.
I FATTI. Era il 6 febbraio 2012 quando, a soli sei giorni dall'esplosione dello scandalo per i rimborsi elettorali che coinvolse lo stesso Lusi, accusato di essersi appropriato indebitamente di 13 milioni di euro dalle casse della Margherita, i garanti, presieduti da Luigi Berlinguer, decisero di mettere alla porta il senatore marsicano. Per Berlinguer, Lusi era "incompatibile con il Pd per fatti molto gravi che hanno causato un grave danno al partito" e per questo doveva essere cacciato.
MA LUI NON CI STAVA. L'ex tesoriere della Margherita, pero', non mando' giu' questo boccone amaro e, dal momento che i garanti non vollero neanche ascoltarlo, decise di rivolgersi direttamente all'autorita' giudiziaria. L'iter legale ando' avanti, Lusi fini' in prigione e nel Partito Democratico arrivarono nuovi volti, fino a qualche giorno fa, quando il tribunale ha messo la parola fine a questa vicenda annullando la delibera di espulsione adottata il 6 febbraio 2012 dalla commissione nazionale di garanzia del Partito democratico e condannando lo stesso partito a rimborsare a Lusi la meta' delle spese legali. Il Pd, infatti, decise di cacciare Lusi a solo sei giorni dopo la comparsa delle prime notizie del procedimento penale che lo riguardavano nonostante lo stesso senatore ne aveva contestato forme e modalita' non rispettose del diritto vigente.
IL TRIBUNALE DI ROMA. Il tribunale di Roma, nella persona del giudice Stefano Cardinali, analizzando la vicenda gli ha dato ragione precisando che "il provvedimento deve considerarsi illegittimo per non essere stato preceduto da alcuna contestazione in ordine agli addebiti sui quali l'irrogazione della sanzione si fondava. Premesso che deve ritenersi necessaria la preventiva contestazione degli addebiti all'interessato". In realta' non ci fu mai nessuna possibilita' di replica per lo stesso Lusi, e per questo, secondo il giudice Cardinali, "non puo' non rilevarsi che il Pd, nonostante ne avesse l'onere, non ha fornito alcuna prova di aver comunicato al Lusi l'intenzione di adottare il provvedimento di esclusione e gli addebiti posti a fondamento di tale volontà".
ESCLUSIONE INCOSTITUZIONALE. Quindi l'esclusione del senatore di Capistrello dal Pd, che tanto fece discutere non solo tra gli ambienti romani ma anche in Abruzzo, dove Lusi faceva attivamente politica, è stata "comminata senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza consentire all'interessato alcuna possibilita' di interloquire al riguardo", per cui "deve considerarsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la liberta' di associazione e il metodo democratico cui devono ispirarsi le associazioni partitiche che concorrono a determinare la politica nazionale, con conseguente invalidita' della delibera di espulsione oggetto della presente impugnazione che, pertanto, deve essere annullata". Una piccola vittoria per il senatore, che attualmente ha ripreso la sua professione di avvocato e continua la battaglia giudiziaria contro la Margherita.
Gli Indipendenti