“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Gli occhi di Antonio su Massimo
Omicidio Rigante - Domattina in Questura l'atteso "faccia a faccia" tra il clan dei Ciarelli e gli amici di Domenico
L'INCIDENTE PROBATORIO IN QUESTURA - Domattina in Questura, nella sala dei birilli, si terrà il tanto atteso incidente probatorio (o confronto all'americana), disposto dal Pm Maria Michela Di Fine su richiesta del magistrato inquirente Salvatore Campochiaro. Lo scopo del Pm è quello di "cristallizare" i ricordi e fermare le prove su ciò che successe quella notte di morte (era il primo di Maggio) nell'appartamento di via Polacchi, in zona piazza Grue, tra i componenti della "spedizione mortale" e gli amici della vittima. Quella notte c'era sicuramente Massimo Ciarelli, 28 anni, rom pregiudicato, attualmente detenuto nel carcere di Vasto dopo una breve latitanza, che è stato indicato dalla sua vittima come colui che gli sparò il colpo mortale al fianco. «E' stato Massimo Ciarelli», ha detto ai sanitari del 118, negli ultimi istanti di vita, il 24enne papà di una bambina di pochi mesi e tifosissimo del Pescara. C'erano pure due pistole, una sicuramente una calibro 38, che è quella che ha esploso il colpo fatale. Poi, Massimo Ciarelli quella sera, a bordo della Fita 550 Abart, sequestrata dalla polizia, non era andato da solo. Per quel fatto vennero arrestati anche i cugini di Ciarelli: i fratelli Luigi (24), Angelo(23) e Antonio Ciarelli (23), attualmente detenuti nel carcere di San Donato a Pescara. Tutti devono rispondere di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo di armi e violazione di domicilio.
I TIMORI DEL PM - Si legge nella richiesta del Pm, titolare dell'indagine: «ci sono particolari ragioni di urgenza, atteso che il passare del tempo potrà incidere negativamente sulla memoria dei testi chiamati alla ricognizione, produrre modificazioni, volontarie o meno, dell’aspetto e delle sembianze degli indagati sottoposti a misura cautelare per i fatti contestati, nonchè esporre i predetti testi al rischio di pressioni ed intimidazioni». Intanto l’avvocato Giovanni Metta, legale di Massimo Ciarelli, ha già annunciato che farà istanza di rimessione del processo, con conseguente trasferimento in Molise per competenza territoriale. «Il clima d’intimidazione che si è creato intorno alla vicenda processuale - ha detto il difensore, insieme all'avvocato Valentini - minerebbe la necessaria serenità dei Giudicanti». Le minacce subite dall’avvocato Luca Sarodi, professionista pescarese (che ha conseguentemente rinunciato al mandato difensivo ai Ciarelli) sono, in ordine di tempo, solo l’ultimo di una serie di atti ed episodi che segnano, per l’Avv. Metta, il punto di non ritorno.
LA REAZIONE DELLA CITTA' - Il delitto di Domenico Rigante ha scoperto una pentola che bolliva da troppo tempo: quella della convivenza con i rom. Pochi giorni dopo l'omicidio venne organizzata una manifestazione di protesta, finita sui giornali come la "Marcia Anti-Rom", per spingere le Istituzione a prendere la situazione in pugno. «Non ci possiamo fare giustizia da soli», hanno detto alcuni degli organizzatori della manifestazione al sindaco di Pescara. Dalla sera del primo maggio qualcosa è cambiato per sempre: nei quartieri a rischio, come quello di Fontanelle e Rancitelli, la tacita convivenza, fatta di silenzi e complicità, non è piàùquella di prima. C'è un fatto nuovo. La gente ha meno paura di prima e denuncia le ingiustizie e le illegalità. Una prova di tutto ciò sono gli attentati agli attivisti dell'associazione "Insieme per Fontanelle", denunciate da Codici. Almeno in qualcosa la morte di Domenico Rigante ha assunto un senso ben preciso: quello del punto di non ritorno.
Marco Beef