“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Domani l'ultimo saluto alla campionessa Miriam Vivarini. Il ricordo commosso dell'amica
Psicologa, la kickboxing la sua più grande passione. È stata campionessa mondiale e italiana
Aveva un talento innato per la kickboxing e una determinazione fuori dal comune. Miriam Francesca Vivarini era famosa per la sua grinta e la sua abilità sul ring, ma anche per la sua gentilezza e generosità fuori dal quadrato. La morte improvvisa a soli 37 anni, avvenuta lo scorso 13 gennaio, ha colpito profondamente il mondo dello sport e tutti quelli che la conoscevano. Domani mattina, sabato 27 gennaio, alle 10,30 nella cattedrale di San Cetteo, si terrà l'ultimo struggente saluto, dove parenti, amici e colleghi dello sport si riuniranno per ricordarla e rendere omaggio alla sua carriera. Miriam, che nella vita era psicologa, ha lasciato un segno indelebile nel mondo del kickboxing e nella vita quotidiana, e la sua presenza sarà sempre sentita. I suoi insegnamenti e la sua passione per lo sport continueranno ad ispirare i giovani atleti e coloro che l'hanno conosciuta. "L'addio a Miriam Vivarini rappresenta una grande perdita per il mondo dello sport, ma la sua eredità vivrà per sempre nei cuori di coloro che l'hanno amata e apprezzata" dice la sua amica Serena Cecilia. "Miriam era empatica. Fredda e spietata sul quadrato, dolce e solare fuori" ricorda con le lacrime agli occhi l'amica. Ha iniziato a combattere nella palestra nel team di Maurizio D'Aloia. Proprio la scomparsa del suo mentore, avvenuta nel febbraio 2019, purtroppo ha segnato profondamente la sua carriera e la sua vita. Solo negli ultimi era riuscita ad tornare ad essere lei, grazie a Maurizio Diodati della palestra Black Mamba. "Miriam non era banale" ricorda ancora la sua amica e collega. "Era appassionato di Manga, amava i film di Tim Burton, ed era una grande appassionata di sport da combattimento". Atleta modella con oltre 30 combattimenti all'attivo, un titolo italiano e uno mondiale. Si allenava sei ore al giorno e conduceva una vita sana. Alimentazione genuina e controllata, tanto sudore e la sera a letto presto. "Lei trovava vita quando combatteva -ricorda ancora Serena- lo si vedeva dal suo volto quando vinceva i match. Fuori dal ring era un'altra persona. L’esperienza più grande che abbiamo dovuto affrontare nella nostra vita è stata quella di crescere te e con te non cambieremmo un minuto del tempo speso a prenderci cura di te. Insieme a te è volato in cielo un pezzo del nostro cuore". Noi tutti della redazione non possiamo che unirci, per quanto possibile, al dolore nella mamma Norma, del papà Dario, la sorella Sara, il fratello Davide e tutti gli amici e conoscenti che hanno avuto la fortuna di conoscerla.