Chiusa Grande e l'arte del maestro vinosofo Franco D'Eusanio

L'azienda vinicola di Nocciano presenta il progetto "VI.NA". Svelati i segreti della vinificazione nella pietra

Chiusa Grande e l'arte del maestro vinosofo Franco D'Eusanio

CHIUSA GRANDE E L'ARTE DEL VINOSOFO D'EUSANIO. L’azienda agricola biologica Chiusa Grande di Franco D’Eusanio ha presentato alla stampa specializzata e ai tecnici, giovedì 18 dicembre u.s., la prima fase del progetto “VI.NA - Vini naturali”, in collaborazione con il Consorzio per la Ricerca Viticola ed Enologica d’Abruzzo (C.ri.ve.a). Vi.Na. È il frutto di uno studio attraverso cui, per la prima volta in Abruzzo, è possibile apprezzare le particolarità del profilo organolettico delle micro e macro-vinificazioni in vasche di pietra di Pietranico e le sperimentazioni riguardanti i vini senza solfiti aggiunti. Le fasi successive dello studio includono due incontri dedicati ai vini spumanti ottenuti secondo il Metodo Classico e al riepilogo dei dati raccolti.

LA VINIFICAZIONE IN PIETRA. La vinificazione nelle vasche di pietra, pratica ancestrale quasi del tutto scomparsa, ha una datazione incerta. Alcuni autori collocano le loro origine in epoca preistorica. Lo studioso Edoardo Micati intervenuto all’evento di presentazione cita come riferimento cronologico per l’Abruzzo il 1687, l’unica data incisa su una delle vasche ritrovate. “Nel Pescarese  solo il  comune di Pietranico, vicino a Nocciano,  può vantare testimonianze di vasche scavate nella roccia.   Esclusivamente  a Pietranico si riscontra la più alta concentrazione di questi leggendari manufatti” sottolinea Micati, che ha inoltre messo enfasi sulla necessità di fare un’azione di sensibilizzazione per il recupero di queste testimonianze con il sostegno di Comuni ed Associazioni.  La  scelta di Chiusa Grande di riscoprire un’antica usanza va esattamente nella direzione di rafforzare in maniera inequivocabile il rapporto dell’azienda con il territorio.

LA DEGUSTAZIONE. Durante la degustazione “L’arte d’innovare. I segreti della vinificazione nella pietra ed i vini senza solfiti aggiunti” sono emerse le peculiarità organolettiche caratterizzanti i vini ottenuti nei palmenti. Sono accomunati da una sapidità e mineralità spiccate. Come hanno spiegato due enologi della cantina, Beniamino Di Domenica e Franco Giandomenico. 12 campioni degustati tra Pecorino, Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo, micro e macro vinificati in acciaio e vasche di pietra di diverse dimensioni. A grandi tratti si può riassumere che con le micro vinificazioni si gestiscono piccole partite per valutare singolarmente determinati parametri del vino, trascurando il giudizio sulla sua qualità complessiva. A differenza delle macro o meso vinificazioni in cui si gestiscono quantitativi maggiori con i contenitori convenzionali, il vino in questo modo si esprime qualitativamente meglio. I volumi incidono sul risultato finale. “Per quanto concerne l’influenza della superficie di contatto della pietra sul mosto – spiega Giandomenico – abbiamo osservato che le temperature variano, ma non superano mai 24 °c. Il panel tecnico ha individuato nella vasca di pietra con la maggior superficie di contatto una maggiore mineralità e struttura del vino”.Roberto Zironi esperto di Enologia e professore di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Udine ha sottolineato altro elemento: “I palmenti sono vasche larghe e poco profonde. L’ampia superficie agevola la dispersione della temperatura e l’estrazione rapida dei polifenoli. Un grande vino come il Porto si fa nei palmenti. La buona riuscita del vino dipende molto dalla qualità delle uve, perciò devono essere sanissime. Per Chiusa Grande che opera in regime d’agricoltura biologica questa è una strada da proseguire”. Tesi sostenuta anche da Dino Mastrocola professore della Facoltà di Bioscienze e Tecnologie Agro-Alimentari e Ambientali dell’Università di Teramo. 

IL PROGETTO VI.NA. L’altra parte della ricerca Vi.Na. si prefigge di valutare se è possibile produrre vini senza l’aggiunta di solfiti garantendone la conservazione e la qualità nel tempo. In Enologia l’anidride solforosa è usata come antisettico e antiossidante. I regolamenti comunitari prevedono l’uso di questo additivo nella misura di 150 mg/l per i vini rossi e 200 mg/l per i bianchi. In regime di agricoltura biologica questi parametri scendono a 100 mg/l e 150 mg/l. Per il disciplinare Aiab, al quale ha aderito l’azienda biologica di Nocciano, i parametri di riferimento sono 60 mg/l e 80mg/l rispettivamente. Chiusa Grande è riuscita a creare una linea senza solfiti aggiunti denominata “Natura”. “La ricerca è un pilastro fondamentale per la crescita di un territorio, è auspicabile che la scelta del Governo regionale di accorpare i tre centri di ricerca che operano nel settore agricolo - Cotir, Crab e C.ri.v.e.a - non si ripercuota negativamente sul tessuto produttivo e vanifichi i risultati faticosamente ottenuti durante tutti questi anni”, ha concluso Maurizio Odoardi direttore tecnico C.ri.v.e.a.

Redazione Independent