“Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione perfino biologica”. Salvador Allende
Causa la morte della compagna per ripetuti maltrattamenti: 67enne arrestato
I fatti risalgono al 30 maggio scorso quando l'ambulanza del Pronto Soccorso ricoverò in ospedale una donna romena di 53 anni. L'autopsia ha confermato la perforazione del polmone
ARRESTATO 67ENNE ACCUSATO DI AVER UCCISO LA COMPAGNA. Nella giornata di ieri, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Pescara hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Gelu Cherciu, 67enne, di origine romena, per il reato di maltrattamenti in famiglia aggravati dall’evento morte.
Il provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria è la risultante della pervicace indagine da parte dei militari del citato Nucleo Operativo a seguito del decesso della convivente, una 53enne di origine romena, avvenuto il 30 maggio scorso. Erano le 18.30 circa, quando l’uomo ha contattato l’utenza “112” riferendo confusamente della morte della sua compagna. All’arrivo dei militari la donna era riversa supina, priva di vita, di fronte al portone di casa e già da un primo esame presentava vistose ecchimosi su diverse parti del corpo; l’uomo, invece, si presentava confuso e sotto l’effetto di alcool, non riuscendo a riferire nell’immediatezza quanto accaduto. Trasportato presso il Pronto Soccorso del locale nosocomio, dopo aver effettuato le previste analisi atte ad confermare il suo stato di ebrezza, ha iniziato a rendere le prime dichiarazioni sugli eventi del pomeriggio, fornendo, fin da subito, diverse versioni dei fatti, confuse e contraddittorie.
Sul posto, nel frattempo, è giunto anche il medico legale, Prof. Christian D’Ovidio, ed il P.M. che ha diretto le indagini, la Dott.ssa Anna Benigni, la quale ha poi disposto l’esame autoptico. Nel corso dei giorni seguenti, i Carabinieri hanno escusso i familiari della donna, nonché numerosi conoscenti della coppia al fine di ricostruire non solo le ultime ore di vita della vittima, ma anche il quadro completo dell’intera situazione familiare. Ciò che è emerso fin dalle prime risultanze investigative è il comportamento violento dell’uomo che era solito maltrattare la sua convivente, non solo infliggendole punizioni corporali, ma anche umiliazioni verbali. I familiari, in particolare, hanno riferito di aver visto in più circostanze la donna con evidenti lividi ed ecchimosi su diverse parti del corpo e, solo dopo pressanti richieste di spiegazioni, la vittima aveva confessato, a mezza bocca, di essere stata picchiata dal convivente. A corroborare l’intero quadro investigativo è stata utile anche l’intercettazione telefonica dell’utenza in uso all’indagato; nel corso delle telefonate con i suoi amici e conoscenti che gli chiedevano cosa fosse accaduto alla sua compagna, l’uomo ripeteva, sempre in maniera confusa e contraddittoria, la stessa versione dei fatti, raccontata agli inquirenti, modificando piccoli particolari; tale circostanza ha permesso di fornire la conferma che il racconto non fosse genuino. Una telefonata in particolare, poi, ha destato l’attenzione dei militari: uscendo dalla caserma dopo la notifica di un atto, l’uomo ha chiamato un suo amico e, usando un tono beffardo e sprezzante, dopo avergli raccontato dell’incontro avuto con i Carabinieri, ha proferito la frase “Non mi hanno chiuso, stupidi del cavolo!”, riferendosi evidentemente al fatto che non era stato tratto in arresto perché non erano riusciti a smascherarlo. La conferma della tesi investigativa si è avuta, infine, con la relazione riepilogativa del C.T. che, a seguito dell’autopsia, ha evidenziato come la morte fosse stata causata da “un’insufficienza cardio-respiratoria da emotorace massivo sinistro e sbandieramento medianistico a destra”; in altri termini, il quadro emorragico che ha causato il decesso era stato indotto per effetto traumatico perforativo sul polmone sinistro, escludendo la causa accidentale dell’evento.
L’esame autoptico ha individuato l’orario della morte tra le 11.00 e le 14.00 del 30 maggio e lo specifico esame svolto sulle ecchimosi e sui lividi sul corpo della donna hanno permesso di appurare che il quadro polilesivo non può essere riconducibile a traumatismi da un’unica caduta accidentale, come, invece, era stato riferito dall’indagato che sosteneva di averla trovata già morta in seguito ad una ipotetica caduta. La versione confusionaria dell’uomo è stata quindi smontata, anzitutto dalle attività di indagine svolte dai Carabinieri che hanno scovato e smascherato tutte le contraddizioni nel racconto e successivamente dalla perizia, in quanto è risultato palese che la vittima, in prossimità dell’esito infausto, aveva subito numerosi colpi in svariate parti del corpo che ne avevano cagionato la morte.
L’uomo, a cui sono state contestate le ripetute condotte violente, integranti il reato di maltrattamenti in famiglia che hanno avuto come conseguenza l’evento morte, è stato tradotto presso il carcere di “San Donato” a disposizione dell’A.G. mandante.
Redazione Independent